mercoledì, Giugno 18, 2025
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Briatore rompe il silenzio: “Montecarlo non è solo un paradiso fiscale. L’Italia? Non mi ha mai aiutato”

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MONTECARLO – Quando Flavio Briatore parla, fa rumore. E ancora una volta, il manager piemontese scuote le coscienze con dichiarazioni che non passano inosservate. In una lunga e tagliente intervista rilasciata al Corriere della Sera, l’imprenditore svela i retroscena della sua ormai storica decisione di vivere nel Principato di Monaco, smontando con fermezza il pregiudizio secondo cui il suo trasferimento sia stato motivato solo da ragioni fiscali.
 
“Sono a Montecarlo per la libertà d’impresa e per una protezione fiscale più concreta. Ma non è solo questione di tasse,” afferma Briatore, oggi tornato nel cuore pulsante della Formula 1 con il team Alpine. Ma non si ferma qui: l’Italia, secondo lui, ha troppe ombre e poche luci.
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Un affondo senza precedenti all’Italia: “Non si merita che ci viva”
 
Dietro l’immagine patinata del jet-set internazionale, Briatore lancia un’accusa diretta al Belpaese:whatsapp image 2025 06 02 at 00.16.31 “L’Italia non mi ha mai aiutato. Basta vedere il caso Force Blue. Non è un Paese che sostiene chi fa impresa.” Le sue parole non lasciano spazio a interpretazioni, e colpiscono come un cazzotto allo stomaco del sistema italiano.
 
Poi la stoccata definitiva: “Siamo un Paese di Gattopardi. Si parla di cambiamento, ma si fa di tutto per lasciare tutto com’è.” Una fotografia impietosa ma, per certi versi, condivisibile.
 
Una vita da cittadino del mondo
 
Ma chi accusa Briatore di essersi rifugiato a Montecarlo per convenienza, dovrà ricredersi. “Sono iscritto all’AIRE da 45 anni,” precisa. “Ho vissuto a New York per 15 anni con Benetton, poi 20 in Inghilterra, nel cuore della Formula 1. In Italia non ho nemmeno un conto corrente dagli anni ’80.” Uno stile di vita nomade, coerente con il suo profilo da imprenditore globale, più vicino a Londra, Dubai e Montecarlo che a Roma o Milano.
 
“Mi sono curato in Italia: abbiamo medici eccezionali”
 
Eppure, nonostante la delusione nei confronti dell’Italia, Briatore ha scelto proprio il suo Paese per affrontare un momento delicato: la malattia. “Sì, mi sono curato in Italia. Perché i nostri medici sono tra i migliori al mondo. E, per essere chiari, ho pagato tutto di tasca mia,” puntualizza, sgombrando il campo da ogni polemica.
 
Monaco, il Billionaire e un titolo che vale oro
 
Il suo legame con il Principato di Monaco non è solo residenziale. È lì che Briatore ha costruito un piccolo impero, partendo da un locale, Cipriani, per arrivare a gestire oggi strutture che impiegano quasi 200 persone. “Il principe Alberto mi ha nominato Goodwill Ambassador ed è stato un onore immenso. È il riconoscimento di anni di lavoro e investimenti concreti,” racconta con orgoglio.
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E non dimentica l’Italia, almeno quella che crede nel turismo di qualità. “Il Billionaire in Sardegna? Un simbolo. Era come il Vaticano per Roma: se andavi in Costa Smeralda, dovevi passarci. Un marchio che ha portato benefici reali all’economia locale.”
 
Tra nostalgia e amarezza
 
Flavio Briatore è un uomo che divide, ma che difficilmente lascia indifferenti. Dietro il personaggio c’è un imprenditore che conosce le regole del gioco globale e non ha paura di dire ciò che pensa, anche quando è scomodo. Montecarlo, per lui, è una scelta strategica, non un rifugio dorato. E l’Italia, terra d’origine, resta nel cuore più come ferita che come radice.
 
    In breve:
•Briatore vive a Montecarlo da 15 anni: “Non è solo per le tasse”
•“In Italia non ho un conto da quarant’anni”
•Accuse al sistema italiano: “Non aiuta chi fa impresa”
•“Mi sono curato in Italia: medici eccellenti”
•Oggi guida locali che danno lavoro a 200 persone nel Principato
 
Un’intervista che accende il dibattito e riapre una domanda mai risolta: l’Italia sa davvero valorizzare chi crea lavoro e investe?
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L’Italia che punisce chi crea: perché Briatore ha (ancora una volta) ragione
 
Ci sono dichiarazioni che fanno scalpore, e poi ci sono verità che, pur scomode, andrebbero ascoltate. Flavio Briatore, ancora una volta, ha avuto il coraggio di dire ciò che tanti imprenditori grandi e piccoli  sussurrano a denti stretti per paura di ripercussioni: l’Italia è un Paese che ostacola chi crea lavoro e premia solo chi prende. E chiunque abbia provato a fare impresa nel nostro Paese sa che Briatore non sta esagerando. Tasse opprimenti, burocrazia soffocante, giungla normativa, un sistema giustizia imprevedibile: mettersi in proprio in Italia è un atto eroico, e spesso masochistico. Se riesci ad avere successo, invece di essere celebrato, vieni messo sotto la lente dell’Agenzia delle Entrate, attaccato dall’opinione pubblica, e spesso abbandonato dalle istituzioni.
 
Montecarlo non è un tradimento, è una fuga necessaria
 
Quando Briatore dice che a Montecarlo ha trovato “più protezione fiscale” e un ambiente più favorevole all’iniziativa privata, non si tratta di uno sfogo personale, ma di una fotografia lucida di ciò che manca in Italia: una visione concreta del valore dell’impresa. Da noi, chi genera occupazione e investe viene visto con sospetto, come se il successo economico fosse sinonimo di disonestà. È una mentalità arcaica, figlia di un populismo tossico che continua a dilaniare il tessuto produttivo nazionale. Briatore è stato accusato di essere “scappato” per pagare meno tasse. Ma la domanda da porsi è un’altra: che cosa ha fatto lo Stato per trattenere imprenditori come lui? La risposta è sotto gli occhi di tutti: nulla.
 
Il caso emblematico di Force Blue
 
Il sequestro del suo yacht, il Force Blue, è stato solo l’ennesimo esempio di un accanimento che spesso sfocia nel paradosso. In un Paese normale, un imprenditore come Briatore  che ha dato lavoro a centinaia di persone, ha esportato un marchio italiano nel mondo, e ha portato flussi turistici ovunque sia approdato verrebbe premiato, non processato mediaticamente.
 
Una cura italiana? Sì, ma solo per i medici
 
E nonostante tutto, quando si è ammalato, Briatore ha scelto l’Italia per curarsi. Non per patriottismo, ma perché è bene dirlo la sanità pubblica italiana ha ancora eccellenze che resistono a un sistema altrimenti allo sbando. E ha anche voluto sottolineare di aver pagato tutto di tasca propria, come se avesse bisogno di difendersi da un’accusa preventiva, tanto l’aria in Italia è avvelenata dal pregiudizio contro chi possiede e costruisce.
 
 
L’Italia continua a chiedere senza dare
 
Viviamo in un Paese che continua a pretendere, a esigere, a drenare energie e risorse dagli imprenditori senza mai davvero sostenerli. Dove la burocrazia uccide più della concorrenza e dove chi ce la fa è visto come un nemico da abbattere, anziché un modello da imitare.
 
Briatore, con tutti i suoi eccessi, ha detto ad alta voce quello che in tanti pensano: l’Italia è un Paese che non merita chi lavora, chi investe, chi rischia. Fino a quando non ci sarà un cambio di mentalità  e di governance continueremo a perdere i nostri migliori talenti, lasciandoli fuggire verso luoghi dove il merito viene accolto, non condannato.
 
E allora sì, forse non è Briatore che ha voltato le spalle all’Italia. È l’Italia che, da tempo, ha voltato le spalle a chi vuole costruire davvero qualcosa.
 
Photography by Forbes Italia, Forbes Middle East, Musement, Travel’s Tale, Monaco Tribune
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