Lei è malato di Sla”, gli hanno detto i dottori. Un futuro di dolori e agonie. L’uomo, di Cisterna di Latina inizia le cure. Le fa per 6 anni. Ma aveva solo un’artrosi cervicale. Dopo la scoperta l’uomo ormai avviato sulla strada di una severa depressione, si toglie la vita. Aveva 59 anni.
Tutto è cominciato nel 2000 con sintomi come vertigini e conseguente fatica a camminare. L’operaio si va a far visitare alla sua Asl di appartenenza. I medici gli leggono il referto: Sla. Sclerosi laterale amiotrofica, malattia degenerativa gravissima e senza speranza di guarigione, che porta all’immobilità totale.
Sottoposto a cure farmacologiche per rallentare l’avanzamento della malattia, il percorso terapeutico del paziente è stato lungo e pesante. Dopo questi 6 anni decide di fare un secondo consulto al Policlinico Gemelli di Roma. E qui la scoperta drammatica: mielopatia spondilogenetica, artrosi cervicale. Patologia impegnativa ma curabile e gestibile.
Dopo la rivelazione, l’uomo, che era già andato in pensione, intraprende un’azione legale affidandosi agli avvocati Enzo e Valerio Moriconi. Parte il procedimento civile a Latina con la richiesta di risarcimento nei confronti della Asl e del medico responsabile della diagnosi errata.
Ma questi lunghi anni vissuti nella convinzione di una fine tremenda e una vita senza speranza lo avevano consumato, fisicamente e nell’anima. L’operaio si toglie la vita. Quando arriva la sentenza di primo grado di condanna nei confronti della Asl con 148 mila euro di risarcimento, lui era già morto.
In questi ultimi giorni il processo si è concluso in Corte d’Appello a Roma. Confermata la responsabilità di Asl e medico e ridotta la somma: da 148 a 120mila euro ai famigliari eredi.