di Gianluigi Paragone
Basta grattare appena appena che esce la vera idea che la sinistra ha dell’ordine pubblico e di chi agisce per tutelarlo. Per la sinistra “loro”, inteso come poliziotti carabinieri e compagnia varia, sono sempre da marcare stretto, con sospetto, perché alla fine vestono una uniforme.
Molti a sinistra pensano che in quel mondo covino rigurgiti fascisti, camerateschi e prevaricatori. Che menino per il gusto di menare, soprattutto i più deboli. Così è bastato che il governo anticipasse una misura al fine di tutelare gli agenti di polizia e delle altre forze dell’ordine che dal Pd, dai Verdi e dai giornali di riferimento è arrivato il controcanto: “Sicurezza, scudo del governo. Più difficile indagare gli agenti”, titolava Repubblica. “Una legge per garantire la massima tutela ad agenti coinvolti in possibili reati durante il servizio. Che eviti loro, di fronte a evidenti prove a discolpa, di finire iscritti nel registro degli indagati”. Una tesi che ovviamente diventa propria anche tra i parlamentari di opposizione. A sentirli parlare sembra quasi che gli uomini e le donne in divisa abbiano bisogno di uno scudo per meglio fare a botte, per commettere violenza sui più deboli, per sopraffare. E che il governo assecondi questo bisogno così da saldare il rapporto cameratesco. Si tratta non solo di una falsa lettura ideologica ma anche di un pesante pregiudizio verso polizia, carabinieri e militari, i quali operano – ed è qui il senso della norma – quotidianamente in situazioni delicate sotto ogni punto di vista. Intanto va detto che le nostre forze dell’ordine sono, per preparazione e per esperienza acquisite nel contrasto alle mafie e al terrorismo, un punto di riferimento nel mondo. Ciò premesso va aggiunto che ogni giorno le donne e gli uomini in divisa operano per assicurarci la maggior sicurezza possibile, anche in condizioni tutt’altro che agevoli.

Operare nel campo della sicurezza presuppone che la controparte voglia rompere il patto sociale che regola una comunità e la vincola al rispetto delle regole. Significa dunque agire contro chi vorrebbe imporre delle altre regole, tanto che si tratti di grandi organizzazioni criminali tanto che si tratti di più piccole bande o – aggiungo – di dissenzienti politici (io, per esempio, nella stagione del Covid sono stato un dissenziente e come tale ho partecipato a cortei interfacciandomi con le forze dell’ordine). Le forze dell’ordine hanno l’obbligo di contenere la rottura di queste regole tese a creare disordine e sono le uniche autorizzate a esercitare, entro ambiti precisi, la forza a tal fine. Chi milita dall’altra parte, avendo deciso di rompere il patto sociale, agisce in una specie di “tana liberi tutti”: dall’impiego della forza all’uso della propaganda tesa a criminalizzare polizia e carabinieri.
Se perdiamo di vista questo punto non si capirà mai il senso di una misura qual è lo scudo. Difendere le forze dell’ordine e metterle nella migliore delle condizioni possibili significa difendere il senso dello Stato, quindi dei cittadini, da criminalità e teppismo di ogni risma.
Se perdiamo di vista questo punto non si capirà mai il senso di una misura qual è lo scudo. Difendere le forze dell’ordine e metterle nella migliore delle condizioni possibili significa difendere il senso dello Stato, quindi dei cittadini, da criminalità e teppismo di ogni risma.