CITTÀ DEL VATICANO – Uno sguardo mancato. Un silenzio che pesa più di mille parole. Ai funerali solenni di Papa Francesco, celebrati in una Piazza San Pietro gremita di autorità e cittadini in lutto, un dettaglio ha attirato l’attenzione dei cronisti politici più attenti: il gelo tra Mario Draghi e Giuseppe Conte. Un’immagine, quella dei due ex premier seduti vicini ma emotivamente distanti, che parla chiaro. E che riaccende i riflettori su una frattura politica mai davvero rimarginata.
La scomparsa del pontefice argentino ha scosso l’anima del mondo cattolico e riunito nella Capitale le massime cariche istituzionali e spirituali del pianeta. Tra gli applausi silenziosi e le preghiere profonde, a colpire è stata anche la composizione delle prime file: un vero e proprio atlante della Repubblica, dove sedevano fianco a fianco nomi altisonanti come Draghi, Conte, Gentiloni, Renzi, insieme ad altri volti della prima e seconda Repubblica. Presenti anche esponenti del governo in carica, ministri, presidenti emeriti, e leader internazionali come Emmanuel Macron, Trump, Joe Biden.
Una presenza istituzionale imponente, sì, ma non priva di tensioni sotterranee. Perché se il protocollo impone vicinanza, la storia personale impone distanze. E il caso Draghi-Conte ne è la prova vivente. Lì, tra l’incedere solenne del rito e il silenzio che accompagnava il feretro del Papa, è andato in scena un freddo glaciale che non ha bisogno di microfoni né di dichiarazioni.
Conte, leader del Movimento Cinque Stelle, non ha mai digerito il passaggio di testimone che lo vide costretto a lasciare Palazzo Chigi nel 2021 proprio in favore dell’ex numero uno della BCE. Una sostituzione che fu politica, ma anche personale. E che lasciò cicatrici profonde.
Da allora, la convivenza istituzionale tra i due non è mai stata facile. Sebbene il M5S abbia formalmente sostenuto il governo Draghi per mesi, il gelo tra i due protagonisti della politica recente italiana è stato, ed è tuttora, palpabile. E l’assenza di uno sguardo, di un gesto, persino in un contesto di lutto globale, ne è la prova più eloquente. Ci sono momenti in cui la politica dovrebbe fermarsi. Farsi da parte. Lasciare che siano la storia, la fede, il dolore collettivo a parlare. Il funerale di Papa Francesco non era un palco per rivendicazioni silenziose, né una passerella diplomatica. Era un momento universale, che chiedeva unità almeno nella forma, se non nella sostanza. Invece, lo scatto tra Draghi e Conte racconta un’altra verità: quella di una classe dirigente ancora intrappolata nelle proprie fratture, incapace persino di concedersi una tregua simbolica in nome del rispetto. Non serviva una stretta di mano. Sarebbe bastato un cenno, un segno minimo di civile compostezza.
Perché quando la politica non sa nemmeno fingere di essere unita nel dolore, allora il messaggio che arriva ai cittadini è amaro: anche di fronte alla morte, i muri resistono più dei ponti.
Quando il silenzio diventa notizia: la freddezza che scuote più di mille parole
Come giornalista, ma soprattutto come cittadina, non posso fare a meno di soffermarmi su quella fotografia che ha fatto il giro dei media: Draghi e Conte, uno accanto all’altro, ma più distanti che mai. Quello che abbiamo visto ai funerali di Papa Francesco non è solo un episodio personale, né una semplice tensione fra due figure politiche. È il riflesso di un’Italia che fatica a riconciliarsi con sé stessa. In un momento di dolore universale, che avrebbe richiesto grandezza d’animo e capacità di superare rancori per onorare la memoria di un uomo che ha predicato ponti e dialogo per tutta la vita, la politica ha invece mostrato il suo volto più immaturo. L’incapacità di Conte e Draghi di scambiarsi almeno un cenno è più che un gesto mancato: è un messaggio. Un messaggio che racconta quanto siano ancora fragili le relazioni ai vertici delle nostre istituzioni, quanto le rivalità personali possano prevalere sulla responsabilità collettiva. Non chiedevo una stretta di mano, né una dichiarazione di pace. Ma la solennità di quel momento meritava un segnale. Un simbolo di rispetto, non solo verso il defunto pontefice, ma verso un’intera nazione che guarda, ascolta, e troppo spesso si sente delusa da una politica che si dimentica di essere esempio. Perché la vera autorevolezza non si misura nei numeri, nei titoli o nei discorsi.
Si misura nella capacità di restare umani, anche e soprattutto nei momenti in cui il silenzio parla più forte di tutto.
Photpgraphy by Il Sole 24 Ore, la Repubblica, Sky Tg24