sabato, Luglio 12, 2025
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Gli alberi come sentinelle del fuoco: la rivoluzione verde della NASA per prevedere le eruzioni vulcaniche

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Una nuova frontiera nella sorveglianza vulcanica: tra radar spaziali e satelliti, a fare da protagonisti sono… gli alberi.

In un mondo che convive con oltre 1.300 vulcani attivi, il rischio di un’improvvisa eruzione è un’ombra costante su milioni di vite. Ma proprio dalla natura, silenziosa e onnipresente, potrebbe arrivare una svolta tanto audace quanto affascinante: osservare il comportamento delle foglie per prevedere l’attività vulcanica. Non è un’idea da romanzo scientifico, ma l’ultima, sorprendente intuizione della NASA, sviluppata in collaborazione con lo Smithsonian Institution.

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La risposta è scritta nel verde

Quando il magma comincia a risalire nelle profondità della crosta terrestre, rilascia grandi quantità di gas, tra cui l’anidride carbonica. Questa viene assorbita dalla vegetazione circostante, provocando un aumento del tasso fotosintetico: le foglie diventano più verdi, più folte, quasi a voler avvertire che qualcosa sotto di loro sta cambiando. Un fenomeno che non solo è visibile dallo spazio, ma è anche quantificabile grazie a sofisticati sensori montati sui satelliti Landsat 8 della NASA e Sentinel-2 dell’Agenzia Spaziale Europea.

In pratica, la vegetazione diventa un indicatore biologico, un barometro naturale che risponde ai mutamenti chimici del sottosuolo prima ancora che questi si traducano in attività sismica o fumarole.

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Dall’Etna al Costa Rica, i satelliti confermano

La vulcanologa Nicole Guinn, dell’Università di Houston, ha recentemente monitorato il vulcano Etna sfruttando immagini satellitari multispettrali. Il risultato? Segnali coerenti con l’attività pre-eruttiva. Parallelamente, il climatologo Josh Fisher ha condotto rilevazioni dirette sul vulcano Rincón de la Vieja, in Costa Rica: le foglie raccolte nel marzo 2025 presentavano concentrazioni di CO₂ superiori alla norma, in linea con i dati satellitari.

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Più sicuri senza mettere piede sul cratere

Tradizionalmente, analizzare i gas vulcanici richiedeva missioni sul campo pericolose e costose, spesso rese impossibili da condizioni climatiche estreme o dalla remota posizione dei vulcani. In questo contesto, la “sorveglianza verde” rappresenta una rivoluzione. Anche se la CO₂ resta difficile da rilevare direttamente dallo spazio, i cambiamenti nella vegetazione offrono un’alternativa accessibile, continua e relativamente sicura. Florian Schwandner, direttore della Divisione Scienze della Terra della NASA presso l’Ames Research Center, è chiaro: «Non esiste un unico segnale infallibile. Ma più strumenti abbiamo a disposizione, più aumentano le nostre possibilità di agire in tempo».

Una tecnologia con limiti, ma dal potenziale vitale

Non tutti i vulcani offrono un habitat arboreo adatto, e piogge intense, malattie delle piante o variazioni stagionali possono generare “falsi positivi”. Tuttavia, l’integrazione di questa tecnologia con sensori già esistenti può creare un sistema di allerta precoce più preciso e tempestivo. Un precedente illustre lo dimostra: nel 2017, i sensori installati attorno al vulcano Mayon, nelle Filippine, permisero di prevedere un’eruzione imminente. L’evacuazione preventiva salvò oltre 56.000 persone. Cosa accadrebbe se potessimo ottenere segnali simili… semplicemente osservando un albero?

Il futuro è scritto nelle foglie

Il dato più allarmante è che circa il 10% della popolazione mondiale vive a distanza pericolosa da vulcani attivi. In questi contesti, anche un’ora di preavviso può fare la differenza tra la vita e la morte. Ed è quasi poetico pensare che, nell’era della tecnologia estrema, siano le piante a lanciare il primo grido di allarme. In un pianeta sempre più esposto a eventi naturali estremi, la risposta potrebbe arrivare non dal centro della Terra, ma dal suo manto verde. Non solo satelliti e intelligenze artificiali: il primo passo verso la sicurezza potrebbe iniziare semplicemente… da una foglia.

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