martedì, Maggio 20, 2025
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Salerno, la “Giovanni Paolo II” con LIBERA in memoria del Vicequestore Ammaturo: “Cento passi contro la cultura mafiosa”

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Il silenzio dell’auditorium dellIstituto Comprensivo“Giovanni Paolo II”di Salerno è stato interrotto solo dagli applausi e dalle voci cariche di emozione. In prima fila, gli occhi attenti dei giovani che hanno seguito ogni parola, ogni immagine, ogni testimonianza, consapevoli di trovarsi di fronte a una lezione che non si dimentica: la memoria e l’impegno civile.

Il 14 marzo, la scuola ha aperto le proprie porte a Libera”, l’associazione fondata da don Luigi Ciotti, per un incontro che è andato ben oltre la semplice commemorazione. È stata una mattinata di riflessione e consapevolezza, un’opportunità per i ragazzi di toccare con mano il significato di parole spesso abusate – giustizia, legalità, coraggio – ma che, in questa occasione, hanno trovato volto e voce. Di chi? Non solo degli ‘uomini dello Stato’ che hanno sacrificato la loro vita per estirpare la cultura mafiosa, ma anche attraverso i discorsi delle loro famiglie, di chi ha raccolto il loro esempio per trasformarlo in un motore di cambiamento.

whatsapp image 2025 03 15 at 18.23.42Un evento che si inserisce nel cammino dei “cento passi” che accompagnano la comunità al 21 marzo, la Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Protagonisti assoluti sono stati i giovani salernitani, chiamati non solo a ricordare, ma a prendere posizione: farsi ‘custodi attivi della memoria’ e trasformarla in azione concreta per il proprio territorio. Non più semplici spettatori, ma parte di una comunità che sceglie di non voltarsi dall’altra parte.

“La legalità non è un divieto, ma un valore aggiunto, che viviamo sempre nel quotidiano.

Ha sottolineato la dirigente scolastica Mariarosaria Napoliello, che ha poi evidenziato come il concetto di legalità sia presente in ogni momento della vita scolastica e comunitaria.

È un percorso che dobbiamo sempre implementare, a partire dalla scuola, il luogo in cui le giovani generazioni imparano a vivere la socialità. -ha aggiunto– Oggi riflettiamo sulla vita e sull’impegno di chi ha sacrificato la propria esistenza per proteggere le nostre istituzioni e la cittadinanza”.

A incarnare questo impegno è stata la figura di Antonio Ammaturo, vicequestore di orgogliose origini irpine, assassinato il 15 luglio 1982 dalla criminalità organizzata mentre indagava sulle infiltrazioni mafiose nello Stato. La sua storia è stata raccontata attraverso la proiezione del documentario Magnitudo 6.9 – Il Commissario Ammaturo, vincitore del bando “ExtraLibera 2023”, che presto entrerà a far parte del museo multimediale dedicato alle vittime di mafia.

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Mio padre è stato ucciso perché è stato lasciato da solo, mentre portava avanti i suoi ideali di giustizia e legalità. Quello che è capitato a lui può capitare a chiunque. È quindi nostro dovere civico fare fronte comune contro la criminalità organizzata”.

Ha dichiarato la figlia, dott.ssa Graziella Ammaturo, durante il lungo dibattito a seguito della proiezione. Le sue parole hanno scosso profondamente gli studenti, che hanno percepito quanto sia necessario un cambiamento culturale per impedire che storie come quella del vicequestore possano ripetersi.

La testimonianza è importante proprio per far scaturire nei ragazzi un senso di ribellione, di rabbia per l’ingiustizia, per la mancanza di giustizia“- ha aggiunto- “Ma la rabbia deve diventare il motore per qualcosa di positivo. Non dobbiamo più essere soli, ma dobbiamo essere in tanti, fare fronte comune contro ogni forma di illegalità”.

Un concetto rafforzato dal regista del documentario, Antonio Emanuele Ricci, che ha evidenziato l’importanza del recupero della memoria storica: La soddisfazione più grande è assistere alla reazione del pubblico”. Ha affermato, spiegando come l’opera non abbia voluto solo ricostruire la storia istituzionale, ma anche svelare il lato umano dell’uomo dietro l’uniforme, grazie ai racconti di chi gli era accanto.

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Un intenso dialogo, brillantemente condotto dai rappresentanti di Libera, che ha permesso ai ragazzi di comprendere che la mafia non è solo un concetto astratto, ma una ferita ancora aperta, come sottolineato dal co-referente regionale Campania dell’associazione, dott.ssa Anna Garofalo.

“Una scuola che sceglie di aderire a Libera ha dei valori fondanti saldi”. Ha aggiunto, ribadendo che la mafia è un nemico che si combatte con la cultura, con la consapevolezza, con la partecipazione”.

Ma il vero cuore pulsante dell’evento sono stati loro: gli studenti. Tra loro, c’è chi ha provato emozioni forti: paura, angoscia, tristezza e rabbia di fronte all’ingiustizia di quelle morti. Ma anche speranza, perché la memoria può e deve essere trasformata in azione concreta.

“La testimonianza di oggi mi ha fatto arrabbiare, perché un uomo è stato ucciso solo perché faceva il suo lavoro. Ma mi ha fatto anche capire che possiamo fare qualcosa per cambiare le cose”, ha detto uno studente al termine dell’incontro. Questi sentimenti, però, si sono tradotti anche in versi, come la poesia composta da una studentessa e letta proprio durante l’evento.

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Uno spirito condiviso dallo stesso referente provinciale di “Libera”- Avellino, dott. Davide Perrotta, che ha interpretato le parole degli studenti:

Il documentario e le nostre parole hanno suscitato emozioni forti, ma ha anche piantato il seme della bellezza. La speranza è che quei sacrifici non siano stati vani e noi abbiamo il compito di diffondere questo messaggio”.

Come anche sottolineato dalla dott.ssa Ammaturo, “ci sono ancora tanti ‘cento passi’ da fare” affinché si realizzi quell’ideale di società e legalità per cui tante persone -1101 ad oggi (purtroppo)- continuano a morire per quei valori. Tuttavia, l’incontro ha segnato anche un punto di partenza per un impegno ancora più profondo e per aprire una maggiore consapevolezza. È per questo che, alla fine della giornata, la scuola e Libera hanno voluto sancire una “partnership”. Un modo per esprimere la volontà di creare una collaborazione continuativa, per rompere il silenzio e costruire una cultura della legalità che sia concreta e quotidiana.

Un’alleanza tra educazione e impegno civile, quindi, con lo scopo di trasformare la memoria in un’azione collettiva,affinché nessun servitore dello Stato venga mai più lasciato solo.

A quasi trent’anni dalla sua nascita, “Libera” continua a essere un presidio fondamentale nella lotta alla criminalità organizzata. Un’onda di impegno civile che, giorno dopo giorno, cresce grazie a chi decide di non restare in silenzio. E a Salerno, il 14 marzo, quella voce si è alzata forte e chiara.

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