I fantasmi della storia
Di Maria Teresa Liuzzo
Sappiamo che il silenzio non è un manipolatore di parole né un aguzzino. È simile al dolore che incute rispetto, è il ruscello del nostro polso, il mare delle nostre vene. È simile a un amico che ci osserva e ci restituisce energia pura, è un lubrificante della ruggine che scava nelle ossa, sino a mutare in ombra. Spesso assume il ruolo del detective. Raccoglie i fili della “marionetta”, recupera il tempo con i suoi fardelli e rimorsi trasformandoli- come fa un regista- quando gira una scena leggendaria. Si instaura tra scrittore, angoscia, dolore, attesa, un legame autentico con la parola, se la luce fa da magica lanterna e ne cattura l’intensità trasformandola in poesia, narrazione, fabula, capolavoro. Il buio avverte il sangue scalciare e ci allontana dall’inquietudine, diventa il nostro tempo interiore, una presenza, dunque, carismatica. Bussa l’alba del dubbio, la cicatrice più profonda muta in presenza affascinante, il cielo ha la luce di uno schermo che mette a nudo il nostro corpo e i grumi del nostro pensiero. Quel nostro profilo riservato si libera finalmente della sua “maschera”, indossata per lungo tempo, anche in ambito sociale e culturale. Lo “scheletro”, pur massacrato dagli eventi, ha ripreso lentamente a fiorire, come i rami di un albero frustato dal vento selvaggio e poi amputato dall’ascia. La parola diventa un’icona, si presenta con grazia ai suoi lettori ed il suo sguardo è lucido, la sua impronta personale, il suo talento naturale: tecnica raffinata, eleganza di rime, il peso della vita, il dover affrontare negli anni il contraccolpo della gloria, ma anche la freddezza dell’invidia. Col tempo ci si accorge di avere puntato sul cavallo sbagliato, ma bisogna reagire, sapere rialzarsi come si fa quando si è sul ring dopo una sconfitta subita. Non tradire mai la fiducia delle nostre emozioni, sbarazzarsi dalle “cellule morte” e transitorie. Sigillare in una “bara” le cattiverie a lungo subite, con garbo e compostezza. Il tempo non sempre ci è nemico, è il nostro domani, presente e passato, ma anche un padre devoto quando l’ammirazione per il verso si mescola con il desiderio di forgiare la propria identità. La resilienza appartiene ai privilegiati, rappresenta con il respiro (che è immagine e voce), una linea potente di talento, resilienza, fede, scavo psicologico, ispirazione, mentre la connessione va oltre la linea del sangue, ormai liberato da una catena di scorie. La resa della parola sta nel trovare la forza della verità che ha radici profonde nel nostro essere, deve suscitare fiducia, bellezza, intimità. Dobbiamo avere la capacità di interpretare ogni singhiozzo, ogni respiro, captare ogni suo movimento segreto. Soltanto allora l’anima ci riconosce come figli. Se noi siamo in grado di dedicarci alla verità, vivere e interpretare il suo vagito, le vibrazioni cosmiche accoglieranno i nostri sentimenti riconoscendoli puri e originali. Occupandoci di un “vagito” nella sua culla di luce è l’esercizio migliore dello spirito. Questa la realtà – per alcuni scomoda – anche se continuiamo a vivere nel più profondo relativismo della storia. Così la forza pende dal piatto della bilancia e diventa depositaria della verità. S’invertono i ruoli, e il male viene confuso con il bene. Ci sono le masse (che giocano a mosca cieca) e sdoganano opinioni spesso oscene relative al genocidio, alla ferocia di questi giorni altamente tossici, malati e criminosi. In tutti i tempi, all’uomo ha fatto comodo che tutto sia relativo e la menzogna continua ad essere una porzione di verità. Dobbiamo continuare a lottare per guarire un mondo immerso nelle viscere ammalate della storia e cercare una strada lontana dal massacro, dal pianto, dalla finzione, dall’dea perfida e bugiarda per vivere da persone libere. Ovunque c’è un filo d’erba, una farfalla, una goccia d’arcobaleno, il pianto o il riso di un bambino, il volo di una rondine, la preghiera di una madre, c’è sempre una nuova primavera che attende di essere scritta e vissuta. Lontano dagli sguardi delle bestie, dal buio sguaiato, da un pallone sgonfio abbandonato in un cortile, quel lutto ci esorta ad usare la ragione perché sappiamo che la menzogna è stata sempre venduta a regola d’arte – per verità.
Ed è sempre attuale che la bugia salva laddove la verità condanna. Non mancano personaggi da circo e donnette sclerotiche e prepotenti travestite da soubrette, con l’illusione di incantare serpenti scambiando arte e letteratura con la stiva di un porto. Un giorno si accorgeranno da miopi – quali sono – di quanta vita hanno perso fingendosi ciechi, in quanto incapaci di impossessarsene della sacralità della bellezza. Il tutto si dissolve in una realtà selvaggia, crudele, preistorica o introstorica trasformate in cose utilizzabili o da utilizzare, elementi più passivi che attivi, irresponsabili, incoscienti di ciò, nei confronti dell’umanità e della storia. “Le guerre dei nostri giorni assumono il terribile carattere di mandria, di casa, di gregge nel più stretto senso del termine” (Miguel de Unamuno). Vergogna per questa nuova generazione che dà e lascia ai propri simili il peso di mezza moneta. Sposare la parola, amalgamarsi al versamento del suo sangue con rispetto e orgoglio, amore e complicità – è la buona riuscita di ogni scrittura tra estasi e tormento. Essere se stessi al vertice della verità per non subire in un vicino o lontano futuro il dolore più atroce. Non sarà facile per coloro che allestiscono altari d’inganni, lusinghe e intrecciano corone di spine sopravvivere all’inferno che da soli si sono costruiti perché invecchieranno dall’orrore dello “sterminio” che fanno subire alle vittime, pur sapendoli disarmati e innocenti. Hanno distrutto i loro sogni e non rimane di “questo rogo” che il ricordo sconvolgente di una madre che continua a cullare il figlio morto stringendolo fra le sue braccia. L’uso e l’abuso dei social ha peggiorato la qualità della vita, ancora peggio l’intelligenza artificiale, queste forme, appunto d’artificio hanno estinto ogni forma di desiderio ma non quello di apparire a qualunque costo. Stanno minando l’anima e la ragione. Senza spiritualità non esiste l’aspirazione. Anche se la passione è sofferenza è pur sempre nutrita dal miele dell’anima. È proprio in fondo al cuore che risiede il pozzo prezioso dell’energia: l’amore. Ignorano che ogni alba ha sempre una stella diversa, una nuova pagina da scrivere, un nuovo capitolo da raccontare con parole affascinanti e spontanee da assaporare e condividere, come un arcobaleno che sorge dove il sole dipana i suoi raggi alla vita, alla salvezza, trascorsi i giorni del diluvio. I dissacratori continueranno a urlare di mostruosità. Ma la parola saggia trasformerà radicalmente quell’atmosfera demoniaca in speranza, pace, equilibrio allontanandole dallo sconforto, dal tradimento e dagli schiaffi rabbiosi, simili ad un cavallo imbizzarrito che rompe lo steccato della scuderia tornando al suo stato selvaggio e spesso aggressivo nella fuga. In ogni ampiezza sconfinata io vedo DIO (sin da bambina), il paese delle stelle e sconfinare principio e conoscenza. Ho trovato la luce della mia interiorità persino nelle tenebre: attraverso quel tunnel ho rivisto e abbracciato la Luce; “La via dell’interiorità in modo etico” e ogni forma di equilibrio. Tante stelle ho sottratto all’universo per spillare le ferite del mio corpo. Quando si diventa ingombranti gli squali di turno cercano di rubare la dignità con le menzogne. Prendersi cura della parola è come tutelare la propria salute, è nostro diritto e nostro dovere, altrimenti si rischia di perdersi il senso della vita e si naviga nell’oblio della miseria tra cicatrici personali e quelli di una società mediocre e assente che ha perso non solo i valori morali, etici e cristiani, ma che non avverte la nostalgia del passato perché non ha alcun punto di riferimento. L’arte rimane la forma più sublime d’intelligenza e sensibilità di comunicazione universale. Bisogna avere le ali per volare, il veleno bisogna lasciarlo ai serpenti, a coloro che mentono e ingoiano veleno. Sanno solo strisciare. La vera bellezza non sta in ciò che non si vede ma in quello che non si riesce a spiegare e rimane il non limite di ogni conoscenza. La verità, l’onestà e la giustizia sono ancora lontane da una realtà perfetta, mentre la tensione del reale, mescolata alla quiete di un sorriso può generare l’intensità amorosa di ogni assenza. La nostalgia cosmica è immensa ed è lo specchio dell’animo umano se la coscienza è assente e la materia inizia il lungo pellegrinaggio che la conduce ai mondi dello spirito. Spesso alla coscienza sfugge il piano spirituale, ma Rudolf Steiner ci ricorda che “Dove vi è spirito vi è sempre coscienza”. Nel momento in cui l’anima umana prova ad afferrare il concetto di eternità, come esperienza interiore – e la coscienza è sempre presente nello spirito (diventano un nucleo) e non si perderanno mai, proprio come una famiglia. Non si tratta di ipotesi o teorie – (anche se non percepiti dai sensi fisici). Nell’universo infinito dell’anima umana, la sua forza inespressa potrebbe diventare concreta e raffinare il nostro vivere. Sarebbe come trovarsi, e pensare, riflessi in uno “specchio meraviglioso”, di energia e visioni. Bisogna avere il coraggio di trasformare la coscienza e confrontare i concetti pensanti con la realtà che possa condurci ai confini dell’animo umano, destinato a un’impermanenza continua e che solo ai privilegiati è stato concesso, attraverso l’accostamento ad un’altra anima. Bisognerebbe fuggire dalle “amnesie” temporanee e crearsi un laboratorio che non sia una risata che spadroneggia l’inganno, ma Luce che risiede nei nostri occhi in un segreto silenzio, oltre la muraglia delle ombre fatali.
Solo nella solitudine si avvertono le voci dell’infinito, il respiro dell’indescrivibile, il pianto convulso della terra. In quel magma si catturano i segreti come in una scena dietro le quinte, tra i percorsi dell’anima e le sfide della ragione – che spesso inciampa. Ogni energia che si spegne viene raccolta dal cielo, e per entrambi sarà una magnifica occasione per ritrovarsi e confrontarsi ancora una volta, in una magnifica ricerca di corpo e spirito. È risaputo che in ogni lavoro mettiamo la nostra eredità, come uno scatto fotografico, che dopo la frazione di un secondo, testimonia l’intera vita del soggetto, immortalandolo. Il tutto come la parola / immagine, diventa memoria della società e l’epopea della Storia. L’impalpabile e indefinita bellezza, paradiso della parola sorta dal soffio della creta diventa foresta, mare e monte, e in seno raccoglie l’universo e lo contempla. L’occhio che la abita rappresenta la fiaccola eterna e l’insostituibile patrimonio dell’umanità. Il respiro conserva la propria fragilità perché ha subito e affrontato troppe sfide condite da un’apocalisse di emozioni, ma ha anche ottenuto il trionfo delle virtù sul vizio dando equilibrio a quelle civiche e morali, dove la culla della memoria, continua a dondolare tra ombra e luce come un atomo errante nell’infinito. Laggiù la fantasia gioca con api e farfalle per costruire un segreto fatto di lampi sereni e morbide trine. Il tutto in una sospensione onirica che lo porta indietro ai tempi dell’infanzia, e poi in avanti nel tempo maturo in cui le esperienze ritornano e si contano i rintocchi del vento battuti dall’ala del tempo. Un difficile cammino di scoperta di fede e di conforto dove la scrittura senz’anima continua a candidarsi autocelebrandosi come una falena invasata attratta dalla bile del fuoco, finirà la sua danza tra l’indifferenza delle fiamme. Migliaia di pagine, come gusci vuoti marceranno come una discarica a cielo aperto, e si estingueranno in quanto privi di sangue e senza un volto. Il loro destino è comune a quello dei rifiuti differenziati ai quali non sarà mai concessa una nuova vita.
Stanotte ho visto una stella ferita aggrapparsi all’insonnia e le lacrime trasformarsi in ciliegie sul palmo della mia mano. Nuda la verità distesa nello sguardo della speranza. Equa la bilancia e l’ago pendeva dalle ciglia del sogno. L’iride era un battito di lucciole. Ognuno ha fretta di andare. L’umanità è diventata merce da rottamare. Siamo cornici vuote, le tele non sono che i fantasmi della storia, fuori controllo e senza memoria. Ogni pagina è un bosco, un mare, un monte. Tra le ossa del delirio nuda danzò la farfalla. Il deserto si svegliò dal sogno, svanì l’amnesia. Tra estasi e tormento, tra vita e morte. Come mutò la sorte? Si suicidò la notte dopo avere abbracciato l’attimo divino e lacrimò la rosa bevendo il proprio sangue. Una pioggia di nenie scordate veniva trascinata dal vento. Nel suo petto continua a tremare un fragile cuore di carne.
Maria Teresa Liuzzo
L’articolo “I fantasmi della storia” di Maria Teresa Liuzzo è un’opera intensa, lirica, fortemente evocativa, che sfida le convenzioni del linguaggio giornalistico per abbracciare la forma di un poema in prosa, dove ogni parola è carica di simboli, emozioni e riferimenti etico-spirituali.
Opinione critica
1. Stile e linguaggio
Il linguaggio è ricercato, a tratti barocco, fortemente metaforico e visionario. Le frasi scorrono come ondate emotive, spesso senza una punteggiatura netta che le separi, generando un effetto quasi ipnotico. Questo stile può risultare affascinante per chi è abituato alla scrittura densa di significato, ma anche faticoso e non immediato per lettori che cercano un discorso lineare o informativo.
2. Temi principali
Il testo riflette su numerosi temi universali e profondi:
- Il potere della parola come salvezza, cura, arte, ma anche come mezzo di verità o inganno.
- Il dolore e la resilienza, vissuti come condizioni esistenziali che possono trasformarsi in bellezza e forza interiore.
- La storia collettiva e personale, come luogo di ferite, oblio, menzogne e responsabilità etica.
- La crisi dei valori nell’epoca contemporanea: l’abuso dei social, l’apparenza, la perdita della spiritualità, la superficialità culturale.
- La funzione della scrittura e dell’arte: elevazione, memoria, testimonianza, ricostruzione dell’anima e del mondo.
3. Contenuto e visione
Liuzzo propone una visione spirituale, quasi mistica dell’essere umano e del suo rapporto con la parola e la storia. Il suo tono è spesso profetico, indignato, poetico e accorato. La scrittura diventa una forma di resistenza alla disumanizzazione, un modo per “non essere inghiottiti dal nulla”.
Tuttavia, in alcuni passaggi, il testo rischia l’eccesso: l’accumulo di immagini e concetti può rendere difficile seguire un filo conduttore preciso. Si avverte un senso di urgenza emotiva, ma anche un bisogno di maggior chiarezza strutturale.
4. Conclusione
“I fantasmi della storia” non è un articolo in senso classico, ma un grido poetico e spirituale, un manifesto contro il nichilismo contemporaneo, in difesa della memoria, della bellezza, dell’amore e della verità. È un testo che non si legge ma si attraversa, come un paesaggio interiore.
Per chi cerca una scrittura che sfidi i confini della forma e del pensiero comune, questa è una voce da ascoltare. Per altri, potrebbe apparire eccessiva o criptica. In ogni caso, è un’opera che non lascia indifferenti.
ENGLISH
The Ghosts of History
by Maria Teresa Liuzzo
We know that silence is neither a manipulator of words nor a tormentor. It is similar to pain, which commands respect; it is the stream of our pulse, the sea within our veins. It is like a friend who watches over us and returns pure energy, a lubricant against the rust that bores into our bones until it turns into shadow.
Often, silence takes on the role of a detective. It gathers the threads of the “puppet”, retrieves time with its burdens and regrets, transforming them—as a director would—when filming a legendary scene. Between writer, anguish, pain, and waiting, an authentic bond with the word is established, if light acts as a magical lantern, capturing its intensity and turning it into poetry, narrative, fable, masterpiece.
Darkness feels the blood kicking and draws us away from restlessness; it becomes our inner time, a charismatic presence. The dawn of doubt knocks, the deepest scar becomes a fascinating presence, the sky holds the light of a screen that exposes our body and the clots of our thoughts. Our reserved profile finally sheds its “mask”, worn for so long, even socially and culturally.
The “skeleton”, though massacred by events, has slowly begun to bloom again, like the branches of a tree whipped by wild wind and then amputated by an axe. The word becomes an icon; it presents itself with grace to its readers, its gaze lucid, its mark personal, its natural talent: refined technique, elegance of rhymes, the weight of life, the years of facing the backlash of fame, and also the coldness of envy.
Over time, we realize we bet on the wrong horse, but we must react, rise again like in a boxing ring after a defeat. Never betray the trust of our emotions, get rid of “dead” and transient cells. Seal in a “coffin” the malice long endured, with grace and composure.
Time is not always our enemy—it is our tomorrow, our present and past, but also a devoted father when admiration for verse blends with the desire to shape one’s identity. Resilience belongs to the privileged; it represents—with breath, which is image and voice—a powerful line of talent, resilience, faith, psychological digging, inspiration, while the connection goes beyond bloodlines, now freed from a chain of debris.
The purpose of the word is to find the strength of truth, rooted deep in our being; it must inspire trust, beauty, intimacy. We must be able to interpret every sob, every breath, catch each of its secret movements. Only then will the soul recognize us as its children. If we can dedicate ourselves to truth, live and interpret its cry, the cosmic vibrations will embrace our feelings, recognizing them as pure and original.
Tending to a “cry” in its cradle of light is the best exercise of the spirit. This is the reality—uncomfortable for some—even though we continue to live in the deepest relativism of history. Thus, power tilts the scales and becomes the bearer of truth. Roles are reversed, and evil is confused with good.
There are masses (playing blind man’s bluff) spreading obscene opinions on genocide and the cruelty of these highly toxic, sick, and criminal times. Throughout all ages, it has suited man for everything to be relative, and lies continue to be a portion of the truth.
We must continue to fight to heal a world immersed in the diseased bowels of history and seek a path away from massacre, from tears, from illusion, from that treacherous, lying idea, to live as free people. Wherever there is a blade of grass, a butterfly, a drop of rainbow, the cry or laughter of a child, the flight of a swallow, the prayer of a mother—there is always a new spring waiting to be written and lived.
Far from the eyes of beasts, from the vulgar dark, from a deflated ball abandoned in a courtyard, that mourning urges us to use reason, because we know lies have always been artfully sold—as truth.
And it’s still true that lies save where truth condemns. The world isn’t short of circus characters and hysterical, overbearing women disguised as showgirls, hoping to charm snakes while confusing art and literature with a cargo hold. One day, they will realize—short-sighted as they are—how much life they’ve wasted pretending to be blind, incapable of grasping the sacredness of beauty.
All dissolves into a savage, cruel, prehistoric or “intra-historic” reality, turning things into utilities, passive more than active, irresponsible, unaware in regard to humanity and history.
“The wars of our days assume the terrible character of herd, of house, of flock in the strictest sense of the term.” — Miguel de Unamuno
Shame on this new generation that gives and leaves its peers with the weight of half a coin. To marry the word, blend with the pouring of its blood with respect and pride, love and complicity—this is the true success of any writing, between ecstasy and torment. To be oneself at the pinnacle of truth, so as not to suffer in a near or distant future the most atrocious pain.
It won’t be easy for those who set up altars of deceit and weave crowns of thorns to survive the hell they’ve built for themselves, for they will grow old in the horror of the extermination they impose on victims, knowing they are unarmed and innocent. They have destroyed dreams, and nothing remains of this pyre but the devastating memory of a mother still rocking her dead child in her arms.
The use and abuse of social media has worsened the quality of life—worse still is artificial intelligence. These forms of “artifice” have extinguished every form of desire—except that of appearing at any cost. They are undermining the soul and reason. Without spirituality, there is no aspiration. Even though passion is suffering, it is still nourished by the honey of the soul. Deep in the heart lies the precious well of energy: love.
They ignore that each dawn brings a different star, a new page to write, a new chapter to tell—with charming, spontaneous words to savor and share, like a rainbow that rises where the sun unwinds its rays to life, to salvation, after the days of the flood.
The desecrators will keep screaming monstrosities. But the wise word will radically transform that demonic atmosphere into hope, peace, and balance, steering it away from despair, betrayal, and furious slaps—like a wild horse breaking out of its stable, returning to a savage and often aggressive state in its escape.
In every boundless expanse, I see GOD (since I was a child), the land of stars, and the fusion of principle and knowledge. I found the light of my interiority even in darkness. Through that tunnel, I saw and embraced the Light again; “The path of interiority in an ethical way” and all forms of balance.
I have pulled many stars from the universe to bandage the wounds of my body. When one becomes cumbersome, today’s sharks try to steal dignity with lies. Caring for the word is like safeguarding one’s health—it is our right and our duty—otherwise we risk losing the meaning of life and drifting into the oblivion of misery, between personal scars and those of a mediocre, absent society that has not only lost moral, ethical, and Christian values but also feels no nostalgia for the past—because it has no points of reference.
Art remains the most sublime form of intelligence and universal sensitivity. One must have wings to fly. Leave the poison to the snakes—those who lie and swallow poison. They know only how to slither. True beauty is not what is seen, but what cannot be explained—it is the non-limit of all knowledge.
Truth, honesty, and justice are still far from a perfect reality, while the tension of the real, blended with the calm of a smile, can generate the loving intensity of every absence. Cosmic nostalgia is immense and is the mirror of the human soul, if consciousness is absent and matter begins its long pilgrimage toward the worlds of spirit.
Often, the spiritual plane escapes consciousness, but Rudolf Steiner reminds us:
“Where there is spirit, there is always consciousness.”
The moment the human soul tries to grasp the concept of eternity as an inner experience—and consciousness is always present in the spirit—they become a nucleus and will never be lost, just like a family. These are not hypotheses or theories (even if not perceived by physical senses). In the infinite universe of the human soul, its unexpressed power could become concrete and refine our living.
It would be like finding ourselves reflected in a “marvelous mirror” of energy and visions. We must have the courage to transform our consciousness and confront thinking concepts with a reality that can lead us to the boundaries of the human soul, destined for continuous impermanence, and which only the privileged are granted—through connection with another soul.
We must flee from temporary “amnesias” and create a laboratory that is not a laugh dominated by deception, but Light residing in our eyes, in a secret silence, beyond the wall of fatal shadows.
Only in solitude can we hear the voices of the infinite, the breath of the indescribable, the convulsive cry of the Earth. In that magma, secrets are captured like a backstage scene—between the soul’s paths and the challenges of reason, which often stumbles.
Every extinguished energy is gathered by the sky—and for both, it will be a magnificent occasion to meet and confront once more in a splendid search of body and spirit. It is well known that in every work we leave our legacy, like a photograph that in a split second testifies to the entire life of its subject, immortalizing it.
Everything—like the word/image—becomes the memory of society and the epic of History. The intangible and undefined beauty, the paradise of the word born from the breath of clay, becomes forest, sea, and mountain, and within itself gathers the universe and contemplates it. The eye that inhabits it represents the eternal flame and the irreplaceable heritage of humanity.
Breath holds on to its fragility because it has endured and faced too many challenges, laced with an apocalypse of emotions—but has also achieved the triumph of virtue over vice, bringing balance to civic and moral values, where the cradle of memory continues to rock between shadow and light like a wandering atom in the infinite.
There, fantasy plays with bees and butterflies to build a secret made of serene flashes and soft lace—everything in a dreamlike suspension that brings one back to childhood, and then forward to mature time, where experiences return and we count the gusts of wind struck by the wing of time.
A difficult journey of discovery, faith, and comfort—where soulless writing keeps trying to glorify itself like a crazed moth drawn to the bile of fire, ending its dance in the indifference of the flames. Thousands of pages, like empty shells, will march like an open-air landfill, extinguishing themselves because they are bloodless and faceless. Their fate is that of sorted waste—never to be granted new life.
Last night I saw a wounded star cling to insomnia and the tears turn to cherries on the palm of my hand. Truth lay naked in the gaze of hope. The scale was balanced and its needle hung from the lashes of a dream. The iris was a heartbeat of fireflies.
Everyone is in a hurry to leave. Humanity has become scrap for disposal. We are empty frames, the canvases nothing but ghosts of history—out of control and without memory.
Each page is a forest, a sea, a mountain.
Among the bones of delirium, a naked butterfly danced.
The desert awoke from its dream.
Amnesia vanished.
Between ecstasy and torment, between life and death.
How did fate change?
The night committed suicide after embracing the divine instant, and the rose wept, drinking its own blood.
A rain of forgotten lullabies was swept away by the wind.
In its chest still trembles a fragile heart of flesh.










