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Il Ghetto di Venezia: un luogo tranquillo nella città dei canali

Lontano dai grandi centri turistici, l’antico quartiere ebraico è un’oasi di pace e di autenticità per riposarsi dal turismo di massa

 

Il famoso marinaio e avventuriero Corto Maltese diceva , o almeno così diceva lo scrittore Hugo Pratt , che a Venezia si nascondono tre luoghi magici. “Uno nell’amore degli amici; un secondo vicino al Ponte de la Maravegie; un terzo in via Marrani, a San Geremia, a El Ghetto.

Quando i veneziani si stancano delle autorità costituite, si recano in questi luoghi segreti e, aprendo le porte che sono in fondo a quei cortili, si dirigono per sempre verso posti belli e altre storie. Ed è vero.

Anche per il viaggiatore che si intromette nella vita dei veneziani, fuggendo dall’orda di turisti che vanno e vengono, ci sono luoghi davvero magici dove isolarsi dalla massa e ascoltare il suono vitale della città senza urla né clamori. di cento miscele. C’è. E ti senti perfino in colpa quando li scopri; perché ti sembra di violare i pochi spazi di cui i veneziani possono ancora godere in quasi solitudine.

Dal XVI secolo gli ebrei residenti a Venezia e i numerosi profughi che arrivavano da altri angoli d’Europa furono confinati nell’isola di Cannaregio , sulla sponda settentrionale del Canal Grande. Fino ad allora gli ebrei potevano rimanere in città solo per un massimo di 15 giorni, anche se molti vivevano illegalmente. Si dice che a quei tempi solo tre ponti collegassero l’isola con le altre (a Venezia ci sono 118 isole collegate da 455 ponti) e che agli ebrei fosse severamente vietato uscire dal Ghetto senza permesso e, per nessun motivo, di notte. Lì fiorirono, dedicandosi soprattutto alla fonderia di metalli (Ghetto significa fonderia in dialetto veneto), all’oreficeria e alla finanza fino a raggiungere più di 5.000 anime.

Dicono che sia per questo che gli edifici qui sono più alti rispetto al resto della città – fino a otto piani; per una semplice questione di numeri. I veneziani riferiscono inoltre che solo con l’arrivo in città delle truppe napoleoniche, nel 1797, gli ebrei poterono lasciare Cannaregio e passeggiare liberamente per la città nella quale vissero per decine di generazioni.

La porta su via Ghetto Vecchio , oggi aperta, è una traccia di quei tempi di reclusione. È anche il modo migliore per entrare nel quartiere da Santa Lucía (attraversando il Ponte delle Guglie) e lasciare quella Venezia di enormi palazzi ed entrare in un’altra città di case alte e vicoli ombrosi: una Venezia più intima, semplice e silenziosa che poco ha a che fare con quello che gira attorno a San Marco o Rialto.

Poco più in là, il cielo si apre nel Campo di Ghetto Nuovo , una di quelle poche piazze che danno tregua ai vicoli, lasciando entrare il sole. È il cuore del Ghetto; un luogo dove anche la piccola comunità ebraica che ancora vive qui continua a farsi vedere nei negozi, nei ristoranti di cucina kosher o frequentando musica e balli di strada.

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E poi bisogna passeggiare ed esplorare i vicoli racchiusi dai canali. Non troverai grandi palazzi veneziani o chiese spettacolari, anche i templi vicino al quartiere ebraico sono semplici come San Girolamo . Ma ci sono molti dettagli interessanti; come le imprese ebraiche, che sono numerose anche se nel quartiere vivono solo una cinquantina di famiglie di religione ebraica.

Oppure le fessure negli architravi delle porte per le mezuzah , piccoli rotoli di carta con citazioni religiose ricoperti di metallo che identificano la casa come ebraica e ricordano le tracce di sangue che salvarono gli ebrei dalla strage dei primogeniti in Egitto.

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