Sembra una favola gotica, una di quelle storie che si raccontano per spaventare i bambini. E invece, fu tutto vero. Era luglio del 1949, una notte di luna piena, quando la polizia intervenne a Villa Borghese per placare una scena che aveva dell’incredibile: un uomo guaiva, scavava nel terreno con unghie insanguinate, si lanciava nelle fontane e aggrediva chiunque gli si avvicinasse.
Il suo nome era Pasquale Rossi, ex operaio abruzzese, disoccupato e segnato dalla guerra. Affermava di essere colpito da crisi bestiali durante il plenilunio, sentiva crescere in sé una forza animalesca, inarrestabile, e un calore febbrile che lo spingeva a comportarsi come un lupo. Non era un episodio isolato. Già dal 1946 numerose segnalazioni parlavano di un uomo che ringhiava ai passanti, beveva direttamente dalle fontane pubbliche e si aggirava nei giardini come una bestia notturna. I giornali dell’epoca, tra cui L’Unità e Il Corriere d’Informazione, riportarono i fatti tra l’incredulità e la paura dei cittadini.
Dopo l’episodio più eclatante del ’49, Rossi fu internato in manicomio. In seguito, provò a spiegare tutto con un evento traumatico: un morso di cane ricevuto nel 1943, mai curato per via dell’occupazione tedesca a Roma. Quel morso, secondo lui, aveva scatenato la “maledizione”.
Fece persino richiesta di una pensione per “invalidità da licantropia”, che naturalmente non gli fu concessa.
Oggi quella storia si è persa tra le pieghe del tempo, ma ancora qualcuno la ricorda. E ogni tanto, in certe notti di luna piena, a Villa Borghese si dice che si senta ancora un lontano ululato tra gli alberi.