Sembra che la tregua ai confini tra Israele e Libano, pur molto fragile, stia tenendo Probabilmente starà contribuendo a questa situazione anche la coincidenza con l’inizio dell’ Avvento ormai alle porte: da quelle parti dovrebbe essere osservato anche in versione laica, in questo momento di pari, se non ancor maggiore, importanza. Invece le fonti che informano l’umanità in maniera neutrale, frenano i facili entusiasmi di quanti si sforzano di credere che la triste situazione in Medio Oriente sia a una svolta: avrebbe rivolto la prua verso acque meno agitate di quelle dove naviga ormai da tempo. Costoro, con buona probabilità, non hanno dato la giusta importanza al fuoco che si è acceso intorno a Israele subito dopo l’attentato del sette ottobre dello scorso anno. Ferma restante la condanna del deplorevole gesto di Hamas compiuto quel giorno, per come si è ampliato e inasprito il teatro di guerra in quella parte del mondo, risulta fondato il sospetto che quel blitz sia servito da campanella che ha dato il via ai vari regolamenti di conti in sospeso in quell’area geopolitica. In effetti Hamas e altre realtà dello stesso genere sono state messe, almeno temporaneamente, in condizioni di non nuocere e per ora il conflitto vola più alto. Quindi, arrivati al dunque, sono nazioni come l’Afghanistan, l’Iran e loro partners, schierati senza remore da prima ancora che accadesse l’episodio del rapimento degli ostaggi. Quei paesi cercano ancora spazio di visibilità e comunicazione nei confronti del resto mondo. Se si considera bene lo stato di fatto, quante guerre si stanno combattendo attualmente sulla terra che la maggior parte della sua popolazione conosce poco? Ancora più grave è che, per la maggior parte dei casi, quei conflitti e i luoghi dove si stanno combattendo, sono del tutto sconosciuti. È quindi opportuno riprendere per l’ ennesima volta l’esame, seppure fatto a colpi d’ascia, beninteso, su cosa poggia la propria base l’ instabilità di quella parte del mondo da cui i suoi abitanti non riescono a venir fuori. La popolazione di Israele sconta un vizio di primogenitura. Ancora oggi, di fatto, ritengono di essere realmente il “popolo eletto”. Esso pertanto avrebbe il diritto di imboccare la corsia preferenziale per raggiungere un determinato traguardo. All’origine quella qualifica avrebbe dovuto contenere il solo significato di “prescelto” e solo per compiti attinenti alla religione. L’evoluzione non è proceduta solo con quell’ intento e è un dato di fatto che i personaggi più importanti della finanza mondiale prima e di diverse altre attività provengono dalle loro comunità sparse nel mondo. Quelle stesse che sono da sempre riunite in gruppi nei vari paesi e tendono a rimanere in apartheid in ogni attività della vita. Non basta. I paesi vicini allo stato di Israele sono seduti sopra qualcosa, almeno ancora per alcuni anni, di grande valore che trova mercato per il solo fatto di essere disponibile, gli idrocarburi. Per non farsi soverchie illusioni sulla possibilità che quella parte della società raggiunga un livello di stabilità accettabile, dovranno essere in normale esercizio altre fonti per produrre energia. Esse saranno messe a punto, quindi in condizioni di utilizzabilità almeno pari a ciò che è in funzione attualmente. Non sarà questione di anni, ma di periodi più lunghi. Volendo azzardare una previsione in merito, essa è pari più o meno alla media delle previsioni dei vari protagonisti della stessa trasformazione, circa un decennio. Sperando che tutto fili liscio come è ipotizzato nei programmi.