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Il sogno che fa il giro del mondo: il grande viaggio che unisce generazioni, cuori e orizzonti

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Un desiderio che si fa strada nei cuori, un biglietto che diventa passaporto per l’anima. Il giro del mondo non è più un’utopia per pochi, ma una rotta sempre più battuta da chi cerca, tra i confini del pianeta, nuove definizioni di sé.

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Una generazione intera lo sognava sfogliando atlanti scolastici o leggendo Jules Verne. Oggi, quel sogno prende quota su aerei low-cost, treni di lusso e navi che solcano gli oceani. Gli italiani che decidono di circumnavigare il globo sono più che raddoppiati negli ultimi dieci anni. Erano circa 200 all’anno, oggi superano i 500. Ma dietro il semplice dato statistico si nasconde un fenomeno culturale che parla di libertà, di rinascita e di una sete di autenticità che non conosce età.

Dall’ultimo esame alla prima alba sull’oceano

Ci sono i neolaureati, occhi pieni di futuro e zaino in spalla, che scelgono il giro del mondo come rito di passaggio. C’è chi parte per una luna di miele fuori dall’ordinario, scegliendo tramonti polinesiani al posto del solito resort. E ci sono loro, i neopensionati: dopo una vita tra cartellini timbrati e agende serrate, decidono che è tempo di vivere ogni giorno come se fosse l’unico. Per tutti, una sola promessa: ritrovarsi diversi, trasformati.

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Viaggiare non è più un lusso, è una scelta

Oggi il biglietto aereo “RTW” (Round The World) può costare quanto un singolo volo intercontinentale. E se un tempo questa esperienza era riservata a pochi avventurieri danarosi, oggi l’accessibilità dei costi e la flessibilità dei piani di volo hanno aperto nuovi orizzonti a budget e viaggiatori di ogni tipo. I biglietti modificabili permettono di cambiare itinerario in corsa: il mondo non è mai stato così vicino.

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Il mondo in 80… sogni

Per chi ama i binari, c’è l’opzione di attraversare quattro continenti su treni leggendari, come l’Orient Express. Per chi preferisce il mare, le crociere intorno al mondo dai tre ai cinque mesi  diventano microcosmi galleggianti di cultura e incontri, capaci di ospitare migliaia di viaggiatori. E poi ci sono i giri del mondo tematici: tra le Sette Meraviglie, tra le spiagge più belle o i campi da golf più prestigiosi. Alcuni pacchetti pensati per i pensionati aiutano persino a scegliere dove ritirarsi, trasformando il viaggio in esplorazione della propria seconda vita.

Storie che diventano leggende

Tra i pionieri di questo movimento c’è Matteo Pennacchi, viaggiatore e narratore, noto per le sue imprese come il primo giro del mondo interattivo e quello senza soldi né bagagli, oggi nel team di GoWorld, operatore specializzato in viaggi RTW. Le sue esperienze ispirano pacchetti personalizzati che non si limitano a collegare città, ma intrecciano storie, emozioni e senso del meraviglioso.

Oltre la mappa: il viaggio è dentro di noi

A piedi, in auto, in moto o addirittura in mongolfiera: c’è chi ha riscritto il concetto stesso di mobilità pur di inseguire il sogno di toccare ogni angolo della Terra. Ogni modalità racconta una visione del mondo, ogni tappa è una lente sul proprio io. Questo non è solo turismo: è narrazione, riscatto, libertà. È un nuovo modo di abitare il tempo.

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Un viaggio che inizia prima della partenza

Organizzare un giro del mondo richiede pazienza, studio, e una buona dose di flessibilità. Le combinazioni di climi, fusi orari e culture rendono ogni itinerario una sfida appassionante. Ma è proprio in questa complessità che il viaggiatore moderno trova il suo nuovo spazio di gioco. Perché in un’epoca dove tutto cambia, la vera costante è il desiderio di scoperta. Il giro del mondo, oggi, non è più solo un viaggio. È un modo per cambiare pelle. È la testimonianza che i sogni se ben costruiti  sanno resistere al tempo, agli anni, e persino alle abitudini. È la geografia dell’anima che prende forma, un volo lungo una vita.

E tu, sei pronto a partire?

E mentre raccolgo dati, storie e numeri, mi rendo conto che dietro a ogni giro del mondo c’è un filo invisibile che unisce tutte queste esperienze: la voglia di sentirsi vivi. Personalmente, ritengo che il giro del mondo sia molto più di un viaggio. È un atto di coraggio. È il momento in cui smetti di chiederti “che succede se?” e cominci a scoprire cosa succede davvero. È un passaggio intimo, quasi sacro, in cui ogni aeroporto diventa una porta e ogni frontiera una prova. In un mondo dove tutto ci spinge a correre, a incasellare ogni giornata, fermarsi per partire sembra un paradosso diventa un gesto rivoluzionario.

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Ho parlato con giovani che hanno lasciato tutto per capire se il loro futuro era davvero dove lo avevano immaginato. Ho ascoltato le parole di coppie che, invece di cercare la felicità dentro una casa appena comprata, hanno preferito cercarla in uno zaino da 12 chili. Ho conosciuto pensionati che hanno scelto l’aereo invece della poltrona e hanno fatto delle mappe il nuovo salotto.

Non è escapismo. È presenza.
Chi sceglie di fare il giro del mondo oggi non scappa: si espone. Si mette in gioco. Si interroga. E credo che questa forma di viaggio sia anche, in qualche modo, una risposta silenziosa ma potente alle incertezze del nostro tempo. Quando tutto appare instabile, l’unica bussola possibile resta il desiderio di conoscere. E conoscersi. In un’epoca dominata da notizie veloci, da scroll compulsivi e vite digitali che ci mostrano panorami filtrati da uno schermo, il giro del mondo è l’unico vero “scroll” che conta: quello della realtà, vissuta metro dopo metro, frontiera dopo frontiera.

Credo fermamente che viaggiare così sia un diritto, non un privilegio. E che dovremmo insegnarlo, trasmetterlo, renderlo un’opzione concreta nella vita delle persone. Perché non c’è nulla di più educativo, di più umano, di più rivoluzionario che confrontarsi con ciò che non si conosce. Il viaggio come scuola, come terapia, come rinascita.

E se oggi possiamo dire che sempre più italiani decidono di fare il giro del mondo, non stiamo solo parlando di turismo in crescita. Stiamo parlando di una generazione o forse di più generazioni che ha trovato il coraggio di dire: “Adesso tocca a me”.

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E a chi mi chiede se lo farei anch’io, la risposta è semplice: non vedo l’ora. Perché c’è un momento in cui il bisogno di orizzonti nuovi diventa più forte di qualsiasi paura. E in quel momento, partire non è più un sogno. È un’urgenza. È vita.

“Non si torna mai gli stessi da un viaggio. Figuriamoci da un giro del mondo.”

 

Photography by Event Mundi, Pelago, The gateway, Oliver’s travel, Transports express caraibes, voyage privé

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