FILASTROCCHE DI MARIA TERESA LIUZZO
L’ ESERCIZIO DELLA SATIRA ATTRAVERSO LA METRICA DELLA FILASTROCCA
LA MEGERA E LA SIRENETTA
Ciliegi in fiore ad Alberobello
pensieroso è il menestrello
con lo sguardo al sol levante
e il sorriso accattivante.
La megera deleteria
inseguì una capinera:
giunse l’eclissi e fu subito sera.
Rincorse Ercole tra le Colonne
troppi inganni e false donne.
Nella bolgia gran lussuria,
la megera spazzatura.
– ”Vuoi il premio o l’attestato?”
Qui le selve sono oscure,
qui si giocano le teste,
se in alto vuoi arrivare mostra le tue tette.
E’ un demonio sulla vetta,
lei le usa, le spreme e le getta.
Arlecchino è a capo chino,
Pulcinella sempre in festa.
la dirimpettaia perde la testa.
Il Vesuvio è un’esplosione
alterata è la visione
e scambia la luna per un lampione.
La fatina ricciolina, sullo scoglio in riva al mare
in costume luccicante- da far perdere la testa,
è la bella sirenetta.
Senza senno e senza dolo vendono l’anima
e s’inchinano al suolo.
Nello svendersi è il ”pedaggio”
a mille miglia si estende il raggio.
Spacciano versi-spazzatura:
dove finirà la CUL-TURA?
Sanguisughe assatanate
siete corpi senza sangue
nessun suono dalle cetre:
siete morti, siete pietre!
Maria Teresa Liuzzo
Un cerchio alla botte ed uno al vino
tira l’acqua al suo mulino.
Che disastro che diluvio,
sarà l’Etna o il Vesuvio?
Menestrello alla buon’ora che suonava la mandòla.
Topo Gigio impenitente è Nettuno col tridente.
Sarà falso sarà vero,
chi è la Donna del Mistero
che sposa Gesù nel monastero?
La megera è in una pozza,
la mozzarella arriva in carrozza.
Topo Gigio è impertinente, deleteria è la sua cotta:
ama il rischio e la ricotta!
Poverino è sotto scorta.
”Non tradirmi mare nero”
non trasformarmi in Calimero!
Che tragedia che sfortuna,
pure il tapiro scappò sulla luna.
La megera maledetta continuò la sua vendetta.
”Non sei altro che un ignavo,
sei e resterai un mio schiavo.
Un ovetto c’è per te
dalla megera coccodè.
Contagiosa la megera
è davvero un’anima nera.
Poveri ”Cristi ” le sue pedine,
lei la marcia lestofante
li manda in guerra come fanti:
dall’invidia consumata, dagli stupidi osannata,
la megera psicopatica!
”Non la devi pubblicare
intima ai ”ratti” suoi giullari.
No, lei no!
Mi ha fatto male
non si è fatta abbindolare,
no, lei no, sul tuo portale!
Chiudi e oscura l’altra ”porta”
lascia a me una grande sosta.
Il mio cuore è troppo amaro,
sii anche tu il mio somaro!
Gioca bene le tue carte
so che a te piace il ”latte”.
La mia faccia come suola
ti darò la mia figliola.
Amo il tuo scodinzolare
col mio verso devi andare.
Lancia pure la tua lenza,
son la monaca di ”Monza”.
Io decido la tua sorte, gioca bene le tue carte:
obbedisci o son ricatti!
Ho preso un grande abbaglio
sarò presto il suo bersaglio.
A noi in tenebre ci riduce
il suo abito è la LUCE!
