di Giovanni Pizzo
L’Istat non accusabile di complottismo come certa magistratura ci dà un dato per niente rassicurante. Siamo fermi, questo certifica il terzo trimestre dell’economia italiana. Il PIL è cresciuto di 0,0, nulla, nada, niet. Giorgetti lo sapeva, ed infatti già da mesi la faccia da Simone di Cirene, quello che porta la croce delle promesse non mantenute. Non c’è un euro e non possiamo stampare lire fasulle. Avrebbero mai messo in campo una misura farsesca come l’aumento delle pensioni minime di tre euro lordi se ci fossero stati soldi nel cassetto delle speranze? La dura verità è che non possiamo più spendere in deficit.
Le nuove regole europee ce lo impediscono, il governo, questo o un altro, ha le mani legate, ed ogni giorno aumenta il costo del servizio al debito mostruoso dell’Italia. Mostruoso proprio perché non cresciamo. E non cresciamo perché siamo poco competitivi e, in alcuni settori, obsoleti. Il costo del lavoro, nonostante i timidi tentativi di riduzione del cuneo fiscale, resta alto, idem la pressione tributaria, cavallo di barriera storico del centrodestra.
Meloni può cantarla e suonarla come vuole ma fa le nozze con i fichi secchi. Potrebbe tentare una enorme emissione di BtP riservata al mercato interno, per cercare di calare il costo del debito, togliendo debito a breve, magari compensando crediti che i contribuenti, o i cittadini, hanno nei confronti dello Stato. Sarebbe una manovra finanziaria da oro alla Patria, con evidenti collegamenti storici, ma sembra una manovra troppo complicata, essendo noi in ostaggio del debito ormai gestito al di fuori dei confini.
Il fatto è che Meloni si è ritrovata con il cerino in mano di una recessione a traino di quella tedesca, e nonostante la decantata iperflessibilità delle aziende italiane non siamo riusciti a trovare nuovi mercati di sbocco sufficienti. Per aumentare la produzione bisogna vendere prodotti finali, non semi lavorati o componenti, e non riusciamo ad essere competitivi in questo. Il caso automotive è emblematico. A questo ritmo o i Cinesi verranno as assemblare in Italia o il settore si fermerà definitivamente, al di là della diatriba Meloni/Elkan. La Meloni ha voluto la bicicletta ma ora pedalare è difficilissimo, e forse proprio per questo a Lei non si è costruita un’alternativa. Nessuno vuole realmente il suo posto, se non figure velleitarie. Se il trend economico è questo il logoramento è certo, e non ci saranno stratagemmi distraenti che terranno. L’italiano si fa i conti in tasca, e con i tre euro lordi a Milano non ci compra un kg di pane. Purtroppo questo non è un problema di Meloni, è un problema collettivo, ma poi qualcuno fa da capro espiatorio.