sabato, Luglio 19, 2025
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La magistratura tra “buonismo” e giustizia: vittime dimenticate?

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n Italia, cresce il malcontento tra i cittadini nei confronti di una giustizia percepita sempre più distante dalla realtà. In molti casi, le vittime di reati si sentono abbandonate dallo Stato, mentre i colpevoli — anche recidivi — sembrano godere di una serie di “tutele” che suscitano indignazione nell’opinione pubblica. Si parla, sempre più spesso, di una magistratura “buonista” con i delinquenti e “dura” con le vittime. Ma quanto c’è di vero in questa accusa? Sono moltissime le Sentenze che fanno discutere. Numerosi fatti di cronaca alimentano questa percezione. Ladri pluripregiudicati rimessi in libertà il giorno dopo l’arresto. Spacciatori colti in flagrante che tornano a circolare grazie a cavilli o interpretazioni “garantiste” della legge. Aggressori che ottengono sconti di pena o misure alternative alla detenzione. Intanto, le vittime vengono lasciate sole a fare i conti con traumi, danni economici e una burocrazia spesso sorda. Non è difficile comprendere perché, di fronte a tutto questo, molti italiani sentano che il sistema giudiziario si sia ribaltato: chi infrange la legge ha più diritti di chi la rispetta. Ma è davvero colpa dei magistrati? In grandissima parte, sì  ma non solo. I giudici applicano le leggi che il Parlamento scrive. Spesso sono proprio queste leggi ad essere sbilanciate, ambigue o troppo permissive. Alcuni magistrati interpretano in senso estensivo le norme a favore dell’imputato, seguendo un’impostazione culturale più attenta ai diritti del reo che a quelli della vittima. C’è poi la questione della giurisprudenza e dell’obbligatorietà dell’azione penale: i magistrati sono tenuti a perseguire ogni reato, ma le risorse sono limitate, e ciò porta a scelte di priorità che spesso penalizzano chi è già danneggiato. Garantismo o lassismo? Il garantismo è un valore fondamentale in uno Stato di diritto: serve a evitare abusi, condanne ingiuste, processi sommari. Ma quando si trasforma in lassismo o in ideologia, rischia di diventare un boomerang. Una giustizia che protegge più i diritti del colpevole che quelli della vittima perde credibilità e fiducia. Il rispetto delle garanzie non può significare impunità. Il diritto alla difesa non dovrebbe annullare quello alla giustizia. La riabilitazione del reo non dovrebbe escludere il risarcimento, la tutela e l’ascolto della vittima. Il risultato? Disaffezione e giustizia “fai-da-te” Quando la giustizia istituzionale appare inefficace o sbilanciata, cresce il rischio di derive pericolose. Le persone iniziano a farsi giustizia da sole o ad affidarsi alla vendetta, alimentando un clima di sfiducia, rancore e insicurezza. Non è un caso che sempre più cittadini si dicano “delusi” dalla magistratura e chiedano riforme profonde. Una giustizia percepita come ingiusta è il primo passo verso una società disgregata. La magistratura non è un blocco monolitico: al suo interno ci sono sensibilità diverse, magistrati rigorosi e altri più ideologizzati. Ma è evidente che qualcosa non funziona. Serve un cambiamento culturale e legislativo che riporti equilibrio tra le esigenze del reo e quelle della vittima. Una giustizia veramente giusta non è né buonista né vendicativa: è imparziale, equa e soprattutto vicina a chi ha subito un torto.

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