Nata nel 1997, Dalila Di Corso ha conseguito il Diploma Accademico di I Livello presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna, seguito dal Diploma Accademico di II Livello in Arteterapia presso l’Accademia di Roma. Attualmente frequenta il Biennio di Grafica d’Arte a Bologna.
Nei suoi lavori, esplora il rapporto tra intimità individuale e contesto sociale, riflettendo su cicatrici emotive e fisiche, con il desiderio di superare i modelli convenzionali.
Alcune sue opere sono state esposte in mostre quali “Luci della Ribalta” FIIC Trento 2024; “One Giant Leap” Young Art Award, Bologna 2023; “Miradas cruzadas” Granada, Spagna 2021.
Nei giorni scorsi, in occasione de “La Frasca”, un progetto per fare rete tramite confronti, dibattiti, eventi culturali, svago e tant’altro, che si tiene ogni anno a Rionero in Vulture, ideato e strutturato dall’associazione “14 giugno”, l’artista Di Corso ha esposto le sue opere, con grande gioia ed emozione, all’interno del Palazzo Corona, sito in Piazza Fiume, grazie all’ottima ospitalità dei dottori Maria Grazia Pace e Luigi Giannatiempo.
Come nasce la tua grande passione verso l’arte?
“La mia passione verso l’arte è nata dopo la fine delle scuole superiori, quando ho iniziato a rendermi conto che l’arte sarebbe stata il mezzo migliore per esprimere la mia interiorità. Con il tempo, questa passione si è evoluta, e ha trovato la sua dimensione nell’incisione. Amo il mondo della calcografia, e della stampa d’arte, con i suoi processi di attesa e creazione. Il fascino di lavorare con gli acidi per creare matrici, il segno che prende forma dopo ore e ore di lavoro, e l’emozione della rivelazione finale quando la stampa è completata, sono esperienze uniche che rendono questa tecnica così speciale per me. Ogni fase del processo è una scoperta, un viaggio di esplorazione, e pazienza, che si concretizza in ogni stampa”.
Nei tuoi lavori, tra le tante prerogative, traspare la tua volontà di esprimere il mondo interiore dell’essere umano. Quanto può essere costruttivo il confronto, a livello emozionale, tra chi crea e chi osserva?
“Penso che il confronto tra l’artista e chi osserva sia estremamente costruttivo a livello emozionale. Le mie incisioni mirano a rivelare la complessità del mondo interiore rispetto alle immagini esterne che ci circondano. Nel momento in cui incido, e preparo una matrice, metto in essa una parte di me stessa, delle mie emozioni e delle esperienze legate a questo tema. Quando il pubblico interagisce con le opere, ha l’opportunità di esplorare e riflettere, portando le proprie interpretazioni e i propri vissuti, creando un dialogo emotivo che arricchisce la comprensione reciproca”.
L’apprezzamento più bello, che, ad oggi, hai ricevuto?
“L’apprezzamento più bello che, ad oggi, ho ricevuto, è stato quello di una persona che, dopo aver visto i miei lavori, ha detto di sentirsi meno sola. Mi ha spiegato che le cicatrici rappresentate nell’incisione, le ricordavano le proprie esperienze di vita, e che vedere quelle immagini l’ha aiutata a sentirsi compresa, meno isolata nelle sue emozioni. Questo, per me, è stato significativo, poiché dimostra che l’arte ha il potere di toccare nel profondo le persone, e di creare una comunicazione empatica”.
Come definisci il tuo genere artistico?
“Il genere del mio lavoro si orienta verso un’esplorazione astratta, che enfatizza la spontaneità e l’espressione gestuale. La tecnica dell’incisione, soprattutto nella sua forma sperimentale, ha un ruolo centrale, così come l’uso combinato con la cianotipia. Questo approccio tecnico consente di creare effetti visivi che emergono attraverso un lungo processo di attesa e scoperta. Le mie opere non rivelano immediatamente un soggetto chiaro, ma offrono, invece, spazi per l’interpretazione personale, invitando l’osservatore a un’esperienza visiva ed emotiva”.
Un tuo lavoro s’intitola “Oltre confine”. In che modo l’arte può rendere lo sguardo di chi osserva “panoramico” e non “schematico”?
“Oltre confine rappresenta il desiderio di superare le limitazioni imposte dalle percezioni convenzionali. L’arte ha il potere di ampliare lo sguardo di chi osserva, incoraggiandolo a vedere oltre le apparenze superficiali, e cercare le radici delle emozioni. Attraverso l’uso di forme astratte e simboliche, si può stimolare la curiosità e la riflessione, portando l’osservatore a considerare nuove prospettive, e a sviluppare una visione più panoramica e meno schematica del mondo”.
Tra i tanti, quale progetto in cui hai esposto ti è rimasto particolarmente impresso?
“Un progetto che mi è particolarmente caro è “Visioni Distorte. Chi decide come deve essere un corpo?”. Questo lavoro, che combina fotografia e cianotipia, è stato esposto per la prima volta a Granada, in Spagna, e, successivamente, riproposto lo scorso mese presso la galleria MAG Art Gaze nel centro di Bologna. Tengo molto a quest’opera: rappresenta in modo vivido il mio concetto di creare forme uniche e distorte, in contrasto con l’influenza della società e della comunicazione di massa su come dovremmo essere”.
Recentemente, hai esposto, a Rionero in Vulture, in occasione de “La Frasca”, i tuoi lavori all’interno dell’abitazione storica dei dottori lucani Maria Grazia Pace e Luigi Giannatiempo. Come è nata questa collaborazione e quali sono state le emozioni prevalenti?
“La collaborazione è nata attraverso l’associazione 14 Giugno, che mi segue, da tempo, sui social, e mi ha invitato a partecipare al progetto La Frasca, per portare il mondo dell’incisione a Rionero in Vulture. La famiglia Giannatiempo- Pace è stata estremamente gentile e disponibile, offrendo l’affascinante Palazzo Corona, come sede per la mia esposizione. L’abitazione storica ha aggiunto un livello di intimità alla mostra, creando un dialogo speciale tra le opere e lo spazio. Le emozioni prevalenti sono state di profonda gratitudine, e meraviglia: la bellezza e la storicità del luogo hanno amplificato l’impatto di tutta l’esperienza. Ringrazio sinceramente la famiglia Pace- Giannatiempo per la loro ospitalità, e l’associazione 14 giugno, per avermi dato questa preziosa opportunità”.