domenica, Maggio 18, 2025
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Libera chiesa in libero stato

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Ricorre ancora una volta l’opportunità di poter adoperare un’ espressione più che datata per poter ben definire situazioni attuali. All’incirca due secoli fa, un pastore protestante svizzero elaborò una sintesi di termini che, di seguito, sarebbe stata una chiave di lettura valida dei rapporti tra potere spirituale e potere temporale. “Libera chiesa in libero stato”, questa la forma testuale di quell’ affermazione, che ancora oggi suona come un proclama. Un’altra espressione, in uso fin da prima dell’inizio dell”era cristiana, si conferma sempreverde e vale: “est modus in rebus”, c’è un limite per ogni cosa. In campagna, tradotta in piena libertà, sulla tipologia che nell’Urbe era definita “ad sententiam”, quella traduzione significa: “il troppo storpia”. Se ne deduce che, con tutto il rispetto che la circostanza esige, da più parti arrivano frecciate, se non proprio cenni espliciti di dissenzo, sul comportamento che sta adottando lo Stato Italiano in occasione della morte di Francesco, papa sui generis, generalmente benvoluto nel mondo della Cristianità e anche in quello delle altre religioni. Non è un solo particolare quello che si mette di traverso tra ospitante e ospite -la Città del Vaticano insiste su un’aria, per ridotta che sia, ubicata nel perimetro della Città Eterna -ma, con buona probabilità non sbagliano coloro che pensano e dicono che l’ensamble nazionale, insieme al direttore sul podio, siano andati sopra le righe, portando i segni del lutto a livelli non proprio contenuti e sobri, come del resto avrebbe preferito lo stesso Eminente Defunto. In dettaglio, oltre alla proclamazione del lutto nazionale per 5 (cinque !) giorni, con tanto di bandiere a mezz’asta, sono stati sconvolti anche i palinsesti dei programmi RAI. Sempre meglio di quando, in circostanze analoghe radio e TV di Stato- all’epoca in bianco e nero – trasmettevano h.24 musica sacra. Citare altro potrebbe dar spazio alla ripresa dell’ antica diatriba durata fino alla firma, nel 1939, dei Patti Lateranensi. Fu allora che il Regno d’Italia, in persona del Capo del Governo, il Cavalier Benito Mussolini, riconobbe la piena autonomia, così come definita nei particolari nelle pagine di quegli atti, dello Stato più piccolo del Mondo. Volendo di conseguenza cercare di stabilire se quello dello Stato Italiano nei confronti della Città del Vaticano sia un “pati” o un “tolle”, è opportuno riferirsi al Diritto Internazionale. Se ne deduce che i due verbi, usati per definire l’atteggiamento adottato dagli stati ospitanti nei confronti di legazioni straniere, in italiano sono traducibili con subire e sopportare. Facendo un’ assimilazione del genere triplo salto mortale senza rete, chi è addetto a Roma alle relazioni tra il Paese e la capitale della Cristianità, dovrà tenere sempre ben presenti le due condizioni prima indicate. Le stesse viaggiano come due rette parallele e, in quanto tali, si incontrano (coincidono) si, ma solo all’infinito… Pertanto sarà meglio non fare confusione tra patire, ovvero accettare a scatola chiusa e tollerare, nel senso che gli è permesso di svolgere una determinata attività. Per completezza di informazione, per la Nazione ospitante l’Ambasciatore è subito mentre il Console è tollerato. Sarà meglio non andare oltre per non aggiungere elementi di confusione. In giro ce n’è giá tanta che basta e avanza.

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