MARIA ELENA MIGNOSI: LA RELIGIONE COME POESIA DELLA VITA

Maria Elena Mignosi è nata a Palermo nel 1941 in un ambiente familiare culturalmente fecondo. Il padre Giuseppe è un matematico, così come il nonno materno, Gaspare. La madre Iginia è pittrice e musicista.
Questo fervore multidisciplinare si trasmette sin da bambina a Maria Elena, che, crescendo, affina sempre la sua arte poliedrica. Coltiva già in tenera età la passione per il pianoforte. Compie studi classici al liceo, che la indirizzano verso l’insegnamento, al quale dedica buona parte della sua vita.
Supera la barriera artificiale che la lunga “temperie” crociana ha creato in Italia tra cultura umanistica e cultura scientifica, affiancando all’interesse per i classici quello per la matematica, seguendo, in tale campo, non solo l’esempio del già menzionato nonno Gaspare, ma anche quello di Michele Cipolla, consuocero di quest’ultimo, e di Enrico Medi, così come quello di altri illustri scienziati.
È altresì vivo in famiglia il ricordo e il rimpianto del filosofo e letterato Pietro Mignosi, cugino della madre, anch’egli imbevuto di una cultura senza confini e barriere artificiali ed artificiose, che si svolge all’insegna dell’unità del sapere.
Pietro Mignosi coniuga scienza e religione. Maria Elena nutre per lui un vero e proprio culto. Leggendo con avidità e viva partecipazione i suoi scritti, impregnati d’amore verso Dio, rafforza la sua fede, già nata in lei a contatto con le forti suggestioni emotive che promanano dall’immagine della Madonna venerata nel Santuario di Gibilmanna, in prossimità del quale la famiglia è solita trascorre le proprie vacanze, e dove i frati Cappuccini innalzano ogni sera i loro canti, che lasciano un segno indelebile nell’anima di Maria Elena.
Cresciuta spiritualmente e culturalmente, quest’ultima approfondisce i suoi studi di teologia presso l’Ateneo Romano, oggi Università Pontificia.
Questi studi e questa passione congiunti hanno il loro punto di sbocco nel suo primo saggio di carattere spirituale, intitolato significativamente Luce e calore. In Dio Verità, Bontà e Bellezza, che ottiene il Primo Premio Letterario Internazionale per la Saggistica «Opere d’autore 2012. Artisti col cuore. Città di Sanremo».
Seguono altri saggi di carattere spirituale e letterario. Le opere Luce e calore. In Dio Verità, Bontà e Bellezza e Sinfonia dello Spirito sono state segnalate sulla rivista «Studi Cattolici», rispettivamente nell’aprile 2008 e nel settembre 2012.
All’attività di saggista Maria Elena Mignosi ha affiancato quella di poetessa. Ricordiamo alcune delle sue opere: Frammenti di vita; Finestre del cuore; Il raggio della speranza; Allo scoccar della scintilla; S’io fossi vento; S’io fossi fuoco; S’io fossi luce; Alba rosata; I colori della natura; Chiaroscuri.
Per la raccolta di versi S’io fossi luce, dedicata alla sorella Antonella, deceduta ai tempi del covid, Maria Elena Mignosi ha ottenuto la Medaglia d’oro per la Poesia, assegnatale dal Centro Lunigianese di Studi Danteschi (La Spezia).
La silloge I colori della natura si sviluppa all’insegna dell’interdisciplinarità, della commistione tra poesia e pittura. In essa vengono accostati una poesia e un dipinto della madre, di tema pertinente.
Dall’esperienza di insegnante, di educatrice, di solerte catechista, nonché di zia affettuosa, scaturisce la raccolta Lo scrigno delle stelle.
Inoltre, Maria Elena Mignosi ha pubblicato un libro che riunisce i dipinti della madre, intitolato Opere scelte.
Oltre ai Premi già menzionati, ne ha ricevuto moltissimi altri, anch’essi prestigiosi. Fra gli altri riconoscimenti e onorificenze, ricordiamo, il «Titolo Onorifico di Accademico Benemerito della Cultura per la Saggistica e la Critica Letteraria», conferitole dall’Accademia Siciliana della Cultura Umanistica.
Maria Elena Mignosi, inoltre, è socia dell’Associazione Culturale «Ottagono Letterario», del «Centro Lunigianese di Studi Danteschi» e del «Centro Internazionale di Studi Tommaso D’Aquino».
Fa parte della giuria del Premio Letterario internazionale «Pietro Mignosi» (Palermo).
È autorevole membro del comitato redazionale della nostra rivista «Le Muse».
È difficile riassumere in breve i caratteri della poesia di Maria Elena Mignosi. Al fondo di essa c’è una religiosità profondamente vissuta, ma non gridata, che affiora con discrezione, costituendo il tessuto connettivo del discorso poetico complessivo. C’è certamente l’influenza di San Francesco e del suo Cantico delle Creature. Una religiosità semplice, che canta Dio attraverso la Natura, il Creato e che crea un ponte tra Cielo e Terra. L’effetto è quello di una serenità leggera, ma intensa: «Nel celeste tenue del cielo / una distesa rosea / suscita nell’anima / un profondo senso / di serenità. / Rosea è la serenità / che mette in fuga la mestizia / per fare risorgere la letizia».
I colori sono tenui, soffusi, le parole semplici e limpide, con un ricorso sapiente, ponderato, alla rima, che serve a conferire armonia: «Nuvole bianche spumeggianti / somigliate alla meringa o alla panna. / Sul cielo azzurro create / un’incantevole armonia. / Vien da mangiarvi».
Ma al di sotto dell’armonia ci sono le contraddizioni del reale. Ho avuto modo di scrivere altrove che in Leopardi ciò che domina è la «varietà della natura», com’egli stesso afferma nello Zibaldone. In essa convivono la vita e la morte, la gioia e il dolore, il caldo e il freddo, il fuoco e l’acqua, il razionale e l’irrazionale, il ponderabile e l’imponderabile. Scrive, a tal proposito, Maria Elena Mignosi a più riprese: «La vita e la morte, / la calma e l’ira: / come il mare, così è la vita»; «Pur con la neve / il freddo e il gelo, / sento un calore / che m’inonda il cuore»; «Camminare / sui carboni ardenti / e sentirsi freschi».
Leopardiana è pure la luna, che dall’alto tutto sembra osservare come muta spettatrice, ma in realtà è un «faro» che guida il cammino, qui paragonata dalla poetessa, con un’immagine assolutamente originale, a un’arancia: «Sembra uno spicchio d’arancia / questo spicchio di luna, / solo che è bianca. / Rispetto alla luna piena / sembra che tu ti voglia / mostrare appena appena. / Talvolta, quando molto ti assottigli, / sembri una parentesi tonda. / Ma sempre mi piaci / comunque tu appaia / e sei sempre un faro / nel cielo stellato».
E al di sotto delle contraddizioni della realtà fenomenica di kantiana memoria c’è la verità unificante di San Tommaso e della filosofia scolastica: «Ora la montagna di fronte / si è confusa col cielo. / tutto è blu. / La sua sagoma non si vede più. / Così è la verità. / Non si vede ma c’è. / È invisibile perché è sotto. / Sotto l’apparenza delle cose».
E, infine, i fili sottili che Erich Auerbach ha sapientemente individuato come legame dantesco tra gli uomini in Terra e il loro Dio che li guida dall’alto dei Cieli, ed essi vivono già nel mondo terrestre «barlumi» di quel Paradiso che poi godranno appieno nella loro vita ultraterrena: «Tra la sagoma della montagna / e le nuvole che sovrastano / si stende una luce bianco argentea. / In quella luce, Regno di pace, / immagino le anime trapassate / in mezzo alle quali vorrei un giorno trovarmi. / L’Amore / sarà l’aria che si respira / assieme a una gioia profonda / che porta in visibilio. / Che stato d’animo di sublimità / la mia anima avverte / sin da ora anche già! / Ora la luce argentea si fa rosata / speranza. / Assaporare momenti di paradiso / già sulla terra / è un distaccarsi / da tutte le iniquità / che pullulano intorno: / niente più / inganno menzogna / indifferenza malvagità. / Lontano ci si innalza / in un’aura senza tempo / e senza gente. / È la pace perpetua».
La speranza, la più importante delle tre virtù teologali secondo David Maria Turoldo, anch’egli autore di poesia religiosa, oltre che teologo, ma anche secondo i testi sacri fondamentali, consente di vivere «barlumi» di quella serenità e gioia eterna che domineranno i beati riuniti nella Rosa del Paradiso.
È vero: Dio guida le sorti del mondo, ma questo non esclude la responsabilità degli uomini, il loro sforzo congiunto per migliorare il reale, eliminare il Male con la loro azione tenace, superare continuamente gli ostacoli che si frappongono al trionfo del Bene: «L’ostacolo si frammise / ma la tenacia vinse. / L’ostacolo si spezzò, / tutto si frantumò».
Nella poesia di Maria Elena Migliosi convergono tutte le sue esperienze di vita, umane e culturali, in testi semplici, uniti da una filosofia facilmente comprensibile, ma profonda, da una musicalità di base, che conferma la dimensione interdisciplinare dell’opera della scrittrice siciliana.
Antonio Catalfamo










