“Ascoltando le parole di Massimiliano Porcelli, candidato alle prossime elezioni regionali in Campania, emerge una denuncia lucida e dolorosa: la sanità campana è allo stremo, vittima di un sistema malato che tradisce ogni giorno i principi sanciti dalla Costituzione.”
Porcelli parla con tono fermo e con la consapevolezza di chi conosce da vicino le difficoltà di migliaia di cittadini. «Una sanità pubblica, gratuita e universale — afferma — non è un sogno, ma un diritto sancito dalla nostra Costituzione. Eppure oggi, in Campania, si rischia di morire per mancanza di cure o si è costretti a emigrare in altre regioni per ricevere prestazioni essenziali. Questo è inaccettabile».
Le sue parole trovano eco in una realtà drammatica: quella di una regione dove le liste d’attesa si misurano in mesi, talvolta in anni; dove prenotare un esame diagnostico può diventare un’impresa, e dove, pagando, improvvisamente si libera un posto in sala operatoria. “È una ferita alla giustizia sociale — continua Porcelli — perché chi non può permettersi di pagare resta indietro, escluso, dimenticato. I cittadini campani non sono italiani di Serie B, ma spesso vengono trattati come tali”.
La sua analisi non si ferma alla denuncia, ma si apre a una riflessione più ampia sullo stato del sistema. “La colpa non è del personale sanitario — spiega — che anzi rappresenta il vero baluardo della sanità pubblica. Medici, infermieri e operatori vivono turni massacranti, stipendi fermi e poche opportunità di crescita. Eppure continuano a lavorare con dedizione, spesso oltre i limiti del possibile. Il problema è strutturale: è un sistema che ha perso di vista la sua missione originaria, quella di garantire cure a tutti, senza discriminazioni”.
Porcelli non risparmia critiche alla politica che, negli ultimi anni, ha contribuito ad aggravare la situazione. “Con la legge Calderoli sull’autonomia differenziata — dice — si rischia di spaccare ulteriormente il Paese. Le regioni più forti avranno sempre di più, e quelle già in difficoltà, come la Campania, resteranno indietro. È una deriva pericolosa che mina l’uguaglianza dei cittadini italiani”.
Da qui nasce la proposta del Movimento 5 Stelle, di cui Porcelli è espressione, per una “rivoluzione silenziosa ma determinata” nella sanità pubblica. «Vogliamo rimettere al centro la persona — prosegue — e non il profitto. Servono investimenti seri nelle strutture territoriali, negli ospedali, nelle tecnologie e soprattutto nel capitale umano. Bisogna garantire un sistema trasparente per le prenotazioni, ridurre le liste d’attesa e valorizzare chi ogni giorno lavora per salvare vite umane».
Porcelli racconta anche di come, negli ultimi anni, si sia sviluppato un fenomeno preoccupante: quello del “turismo sanitario”. “Sono migliaia i campani costretti a curarsi altrove — spiega — con costi enormi per le famiglie e per la Regione. È un’emigrazione silenziosa, fatta di dolore e disillusione. La salute deve tornare un diritto sotto casa, non un viaggio della speranza”.
Il suo appello è rivolto ai cittadini: “Non possiamo più accettare un sistema che umilia la dignità delle persone. La sanità pubblica non è una spesa, ma un investimento nel futuro. Dobbiamo difenderla con forza, perché dove c’è un diritto negato, c’è una democrazia che si indebolisce”.
Il discorso di Porcelli non è solo una denuncia, ma un manifesto politico e morale. La sua battaglia per una sanità più giusta, umana e accessibile rappresenta una sfida decisiva per il futuro della Campania. In una terra spesso abbandonata, le sue parole risuonano come un richiamo alla responsabilità collettiva, un invito a ripartire dalla Costituzione e dal principio più semplice e più alto: la salute come diritto di tutti, non privilegio di pochi.









