Da un lato la vista mozzafiato sull’isola di Nisida, la brezza marina e la musica che diventa adrenalina pura. Dall’altro l’inferno in terra: un groviglio inestricabile di auto incolonnate. Al volante giovani e giovanissimi alla disperata ricerca di una striscia libera di asfalto per parcheggiare e guadagnarsi l’agognato ingresso nella movida. Un girone dantesco dal quale la camorra attinge da anni a piene mani: un business a sei zeri, su cui è pronta a far luce una nuova gola profonda. Michele Ortone, 24 anni appena compiuti, grilletto facile e aspirazioni da ras, da poche settimane ha deciso di collaborare con la giustizia, archiviando i trascorsi tra le fila del clan Esposito-Nappi, la holding egemone a Bagnoli e in buona parte di Fuorigrotta.
Sottoposto, a partire dal 20 dicembre scorso, a cinque interrogatori, il neo collaboratore di giustizia ha già rivelato agli inquirenti della Dda di Napoli le informazioni in suo possesso in merito al funzionamento del racket della sosta, ma anche su alcune atroci storie di sangue, su tutte il recentissimo omicidio di Gennaro Ramondino, il ventenne assassinato a settembre scorso, il cui cadavere è stato poi dato alle fiamme: «Faceva parte del gruppo Santagata. È stato ucciso perché voleva prendersi Pianura».
Gli inquirenti continuano a raccogliere dettagli sulle dinamiche criminali e il business illegale legato alla gestione dei parcheggi abusivi, un fenomeno che affligge le notti di Napoli trasformando le zone di movida in un teatro di potere per i clan.
