POESIE DI ELIZEN ELVIRA
INTERPRETATE E TRADOTTE IN ITALIANO DA MARIA TERESA LIUZZO
DIRETTRICE DELLA RIVISTA DI CULTURA INTERNAZIONALE ”LE MUSE” –
GIORNALISTA, EDITORE (ITALIA)
FINCHE’ MI BACI LE LABBRA
Quell’isola su cui mi affaccio
è la mia isola.
Dalla finestra rossa sembra un diavolo di neve,
dall’aspetto gentile.
Eh, uomini che state alle nostre spalle,
noi siamo delle montagne la corona.
Tutti i pensieri riflettono immagini
che prendono vita
quando baci le mie labbra.
La curiosità si mescola al ricordo,
a volte inquietante come le paludi del fiume
e si stacca come la crosta di un muro a secco
anche la vernice maltrattata dal tempo.
Ah, come desidero che diventi un’isola diversa,
e sia anche tua.
Il passato ci ha fatto impazzire entrambi,
mio caro,
ci ha destabilizzati.
IL MONOLOGO
Mi domando: Oh, questa febbre,
perché questa infelicità
dovrebbe essermi restituita?
Non ho commesso alcun peccato
quando ho aperto il mio cuore
e ospitato un nobile peccatore?
Il tremore si è impadronito del mio corpo
e non vuole lasciarlo.
Perché mi consumano le febbri?
Questo mondo è avvelenato dall’odio
e fiorito dall’amore.
Hai trasformato la mia anima
in un fiume impetuoso che travolge ogni ostacolo
sollevando in cielo i grandi amori.
Li trasforma in raggi di sole
ed io sono la vertigine dell’arcobaleno.
Ah, non è peccato che ancora tu sia
l’aspirazione dei miei dipinti.
Che sei con me in questo magnifico cielo,
specchiato sull’erba fresca del prato
e sul verde del muschio che ai miei occhi hai strappato,
lungo il fiume che scorre sereno.
Ah, questi battiti veloci del cuore,
ci conducono fuori dalla nostra orbita
come quel grande orologio da terra fatto di spirito e carne,
trasformato in ritmo
dalla sinfonia delle sue magiche note.
Danzano in quella bellezza celeste
tutte le stelle dell’universo.
Il lunedì le saluta con un sorriso felice
anche se il mio cuore
è diventato ribelle
a questo improvviso, inaspettato distacco.
Andrai via dal Paese,
non mi chiedo se poggerò ancora
la mia testa sul tuo petto
per sentire il battito forte del tuo cuore.
Due bicchieri di vino ci faranno compagnia.
Ci ubriacheremo di promesse e di speranze
addolcite dalle mie lacrime.
Stringerai il mio corpo e mi sussurrerai
che adori le mele del mio giardino
e che potrai raccoglierle perché stanotte
sono io il tuo giardino dell’Eden
e i frutti non sono proibiti.
Non siamo Adamo ed Eva,
ed io non sono Afrodite.
Sono una donna come tante,
con sogni e desideri umani
in questo mondo colorato dalla passione e dalla speranza,
distrutto dall’odio e salvato dall’amore.
Mi chiedo ancora perché questa febbre d’amore
dovrebbe venire a cercarmi,
forse perché sa che non ho peccato amandoti?
Svegliami con la rugiada del mattino,
accarezzami come una rosa,
ho abbandonato i miei ricordi
e sono con te, tutta per te.
Non cercare alcuna ricompensa nella verità
dimenticata dal tempo
nei vecchi nidi abbandonati,
situata in un museo
o in oblìo su un’isola.
SVEGLIAMI CON LA RUGIADA DEL MATTINO
E ti vedo ogni mattina
quando provi a svegliarmi
con il tuo tocco maschile
tra i sussurri dei tuoi desideri.
Che felicità essere tutta e solo tua,
di spalancare all’infinito
le porte segrete dell’amore!
Sentire il fuoco che rinasce e si fa vita…
Tocca con mano la felicità della carne e del cervello,
tu, cacciatore di farfalle, con le tue carezze
mi fai toccare le stelle.
Abbracciami, conosciamo già la follia del desiderio,
fammi diventare la tua donna: moglie o fidanzata.
E quel pazzo alla Dacia continua a chiamarmi?
I rami si fissano sui miei capelli come uncini,
mi ostacolano il passaggio
e mi calunniano.
Vogliono spezzare questo incantesimo d’amore,
proprio come fanno gli spiriti maligni.
Sono entrata nell’età matura, le labbra sono assetate,
come un tramonto allo Zenith.
Quanto pesa questa speranza,
ci rimangono i sogni
che ci fanno sentire come regine.
Adesso non dobbiamo più incontrarci
sotto gli alberi marci
dove il grido della felicità
è più forte della primavera
che ci sveglia con la rugiada del mattino.
E’ sufficiente passare nella stanza accanto.
Ti guardo dal letto sotto la luna piena,
con il mio occhio verde
chinato sul tuo collo.
Piango di felicità perché ti possiedo
come una divinità.
Sono gemiti d’amore di un fuoco inesistente
come una stella prima del distacco.
Oh, come temo i sogni terribili
dell’eternità
quando persino il sogno può farci morire.
Elizen Elvira