sabato, Luglio 19, 2025
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Qualiano, maxi operazione anticamorra: dieci arresti e colpo al clan De Rosa. Sequestrate armi, droga e denaro. L’inchiesta svela una fitta rete di estorsioni e spaccio gestita dal gruppo criminale attivo nell’area nord di Napoli

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All’alba di oggi i carabinieri del Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di dieci persone ritenute affiliate al clan De Rosa, storica consorteria camorristica operante nel comune di Qualiano e nei territori limitrofi dell’area nord di Napoli, come Villaricca, Giugliano e alcune zone del litorale domitio. Gli arrestati sono accusati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, estorsione aggravata, traffico di sostanze stupefacenti, detenzione illegale di armi da fuoco e favoreggiamento.

L’operazione, frutto di un’articolata attività investigativa condotta tra il 2022 e il 2024, ha permesso di ricostruire l’organigramma del clan e il sistema di potere esercitato sul territorio. Le indagini, svolte mediante intercettazioni telefoniche e ambientali, pedinamenti, analisi di flussi economici e dichiarazioni di collaboratori di giustizia, hanno rivelato l’esistenza di una struttura criminale ancora pienamente operativa, nonostante precedenti arresti e condanne inflitte ai vertici del sodalizio.

Chi sono i De Rosa: radici criminali e controllo del territorio

Il clan De Rosa è considerato da anni una delle realtà camorristiche più influenti nella zona di Qualiano. Storicamente legato ai vecchi assetti della Nuova Famiglia, ha saputo rinnovarsi nel tempo mantenendo una posizione egemone nei circuiti dell’estorsione e dello spaccio di droga. A differenza di altri clan più esposti mediaticamente, i De Rosa hanno scelto una strategia di basso profilo, puntando su legami familiari forti, controllo del territorio capillare e una presenza radicata nei circuiti dell’economia illegale e paralegale.

Secondo quanto accertato dagli investigatori, il clan si era riorganizzato attorno a nuove leve legate ai fondatori della cosca, con ruoli ben definiti tra chi gestiva le piazze di spaccio, chi curava il racket ai danni di imprenditori locali, e chi garantiva la protezione e la logistica. Il gruppo esercitava il proprio potere attraverso l’intimidazione costante, l’uso delle armi, ma anche attraverso la capacità di influenzare alcuni settori economici locali.

Uno degli elementi chiave emersi dalle indagini riguarda l’uso sistematico dell’estorsione ai danni di piccole e medie imprese del territorio: attività commerciali, bar, officine meccaniche e imprese edili venivano costrette a versare somme mensili sotto forma di “protezione”, pena aggressioni, danneggiamenti o blocchi delle attività. Gli episodi documentati dagli inquirenti confermano un meccanismo ormai consolidato e accettato da molti operatori economici per timore di ritorsioni.

Droga e armi: il cuore delle attività del clan

Altro fulcro dell’inchiesta è rappresentato dal traffico di droga, che secondo gli inquirenti costituiva la principale fonte di reddito del clan. Le piazze di spaccio controllate dal gruppo erano attive a Qualiano centro, nella zona di via Campana, e in alcune aree periferiche di Villaricca e Giugliano. Cocaina, crack, hashish e marijuana venivano distribuite da una rete di pusher fidelizzati, alcuni dei quali giovanissimi e reclutati tra i ragazzi del posto. I guadagni giornalieri superavano, in alcune zone, i 5.000 euro.

Durante le perquisizioni domiciliari effettuate nelle prime ore dell’alba, i carabinieri hanno sequestrato circa due chili di stupefacenti già confezionati e pronti per la vendita, diverse armi da fuoco, tra cui pistole semiautomatiche, un fucile a pompa e munizioni, oltre a telefoni criptati e denaro contante per un valore complessivo di circa 60mila euro. Il materiale sarà ora oggetto di ulteriori analisi per risalire ad altri membri della rete criminale.

Le dichiarazioni dei collaboratori e il controllo sociale

Decisive per l’inchiesta sono state le dichiarazioni di due collaboratori di giustizia, ex appartenenti al clan, che hanno raccontato in dettaglio la struttura interna dell’organizzazione e i meccanismi di reclutamento e gestione delle attività illecite. Secondo i pentiti, il clan non solo gestiva attività criminali ma interveniva anche nella vita quotidiana del quartiere, risolvendo controversie tra privati, garantendo “posti di lavoro” nell’economia criminale, e assicurando sostegno economico alle famiglie dei detenuti.

Un controllo sociale esercitato con mezzi violenti ma anche con strategie di consenso, che rendevano difficile l’emersione delle denunce. Alcuni commercianti, interpellati nel corso delle indagini, hanno ammesso di aver preferito pagare il pizzo per paura, mentre altri, stremati da anni di minacce, hanno deciso di collaborare solo dopo le prime misure cautelari.

Le parole della Procura e la reazione del territorio

Il Procuratore aggiunto della DDA di Napoli ha parlato di “una risposta importante dello Stato in un territorio da anni asfissiato dalla presenza camorristica”, aggiungendo che “l’operazione rappresenta un passo fondamentale verso la liberazione di Qualiano dal giogo criminale”. Le indagini, ha precisato il magistrato, non si fermano qui: “Ci sono ancora contatti da chiarire, in particolare quelli che riguardano possibili connivenze nel mondo dell’economia legale”.

Anche il sindaco di Qualiano ha commentato con soddisfazione l’operazione: «Lo Stato ha dimostrato di esserci. Ora spetta a tutti noi – istituzioni, scuola, associazioni – restituire dignità e legalità a questo territorio».

I dieci arrestati sono stati trasferiti nei penitenziari di Secondigliano, Poggioreale e Santa Maria Capua Vetere. Nei prossimi giorni saranno sottoposti agli interrogatori di garanzia. La Procura non esclude ulteriori sviluppi, mentre gli inquirenti continuano ad analizzare il materiale sequestrato per risalire ai flussi di denaro e agli eventuali fiancheggiatori del clan.

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