domenica, Novembre 16, 2025
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Questo dì potrebbe essere ricordato come l’inizio della riappacificazione “biblica”, S E & O

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Sharm El Sheik, città egiziana sul mar Rosso, finora era conosciuta come centro turistico balneare, funzionante quasi tutto l’anno. Oggi ospiterà parte di coloro i quali hanno contribuito affinché Israele e Gaza deponessero, non sotterrassero – si dia il giusto valore al distinguo, nb! – l’ascia di guerra. Tale rituale era tipico alla fine di uno scontro tra le tribù dei Pellerossa e, scherzi del destino, buona parte dell’ impegno che ha portato al risultato prima accennato è stato profuso, per l’appunto, dal loro conterraneo (o quasi…) Donald Trump. La differenza tra deporre e sotterrare l’utensile oggi adoperato prevalentemente dai boscaioli è sostanziale: poggiando a terra quell’arma impropria, inizierà un periodo simile a un tempo sospeso che si chiuderà, è quel che si spera, con la firma del trattato di pace. Arrivati a quel punto, tutti, volendo, potranno badare ai fatti loro felici e contenti. Se la conclusione di quella parentesi sabbatica, giusto per rimanere con la fantasia a Tel Aviv, non dovesse andare per il verso giusto, allora troverebbe consenso chi ritiene fondata la credenza che su quel popolo permanga la Maledizione Biblica. Intanto, con la conclusione di questa giornata, in teoria da domani, i preparativi per dare il via libera all’opera di ricostruzione, potranno prendere forma. Le gare di appalto dovranno essere bandite secondo gli schemi internazionali, è è molto attendibile l’ipotesi che soprattutto le eccellenze di settore di ogni dove, faranno il possibile e anche…più, per aggiudicarsi una o più parti da realizzare al fine di comporre il puzzle che le autorità intenderanno portare al termine. Quindi, non a lungo Gaza si trasformerà in un grande cantiere, composto a mò di mosaico e lo stesso faranno le città di Israele e altre di quel paese. A quel punto sarà necessario determinare, con l’approssimazione che quel calcolo esige, la quantità di finanza occorrente per realizzare quei lavori. Forti e durature saranno le emicranie che accompagneranno quanti saranno responsabili di quei procedimenti. Fin qui non si può fare altro che arrendersi all’evidenza dei fatti e, a grandi passi, se occorre anche forzati, immergersi nel lavoro sopra citato. È a tal punto che potrebbe venire fuori – mentre i voti del mondo intero sono espressi perché avvenga l’esatto contrario, che incominci a vacillare la tregua formalizzata oggi. La carneficina e la distruzione, pronte a riprendere vigore, non esiterebbero a riesplodere e oggi non è quello adatto per fare commenti. Le righe appena scritte non hanno niente in comune con i versi che fanno gli uccelli del malaugurio. Un pensiero finale è necessario esprimerlo: come mai si è arrivati a questi anni, i primi del terzo millennio, per porre la parola fine immediatamente prima della firma dell’ atto di tregua?
Meglio non pensarci e non aggiungere altri tarli nella
materia grigia: quelli presenti fino a oggi sono già troppi.

 

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