Un intervento estetico finito in tragedia. Simonetta Kalfus, una pensionata di 62 anni, è deceduta il 18 marzo all’ospedale Grassi di Ostia dopo essere entrata in coma vegetativo in seguito a una liposuzione eseguita il 14 marzo in uno studio privato nella zona Tuscolana di Roma.
Il chirurgo che ha effettuato l’intervento è ora indagato, insieme ad altri due sanitari: un anestesista e un medico dell’ospedale di Pomezia, dove la donna si era recata prima di essere trasferita al Grassi. La denuncia è stata presentata dalla figlia della vittima, che ha sollecitato l’apertura di un’indagine per chiarire le circostanze della morte della madre.
Indagini in corso: documenti e cartelle cliniche sequestrate
I carabinieri della compagnia di Anzio, incaricati delle indagini, hanno già acquisito la cartella clinica della paziente e tutta la documentazione sanitaria relativa al caso. La salma della donna è stata trasferita al Policlinico Tor Vergata, dove nei giorni scorsi è stata effettuata l’autopsia. Gli esiti dell’esame autoptico, attesi nei prossimi giorni, saranno fondamentali per stabilire le eventuali responsabilità dei medici coinvolti.
Le forze dell’ordine stanno anche analizzando la documentazione dello studio privato dove è stata eseguita l’operazione, con l’obiettivo di verificare se la struttura fosse a norma e dotata delle necessarie autorizzazioni per eseguire interventi chirurgici invasivi.
Il decorso fatale
Secondo quanto emerso finora, Simonetta Kalfus è stata sottoposta alla liposuzione nello studio privato il 14 marzo. Subito dopo l’intervento, le sue condizioni si sarebbero aggravate, costringendola a rivolgersi all’ospedale di Pomezia per un primo intervento medico. Successivamente, il trasferimento all’ospedale Grassi di Ostia, dove la donna è deceduta dopo quattro giorni di coma vegetativo.
Verso l’accertamento delle responsabilità
La denuncia della figlia della donna ha dato il via a un’indagine complessa, che coinvolge sia i medici della struttura privata sia quelli che hanno preso in carico la paziente successivamente. Tra i punti al vaglio degli investigatori, la corretta gestione dell’intervento estetico, l’idoneità della struttura, e le eventuali omissioni nelle cure successive che potrebbero aver aggravato le condizioni della paziente.
Il caso ha acceso i riflettori sui rischi degli interventi estetici, in particolare quelli effettuati in strutture private, e sulle responsabilità dei professionisti sanitari nel garantire la sicurezza dei pazienti.