Viveva apparentemente una vita normale, lavorando saltuariamente come muratore e mantenendo un profilo basso in una tranquilla zona della città. Eppure, dietro quell’esistenza anonima, si nascondeva qualcosa di ben più inquietante. Halmi Ben Mahmmoud Mselmi, cittadino tunisino di 28 anni, è stato fermato nelle scorse ore dalla digos di Catanzaro, con il supporto della digos di Cosenza e della direzione centrale della polizia di prevenzione. L’uomo è indiziato di far parte di una cellula terroristica legata all’Isis e sarebbe stato pronto a compiere un attentato sul suolo italiano. L’operazione, frutto di mesi di indagini accurate e silenziose, è il risultato di un lavoro investigativo che va avanti dal novembre del 2023. Gli inquirenti lo tenevano costantemente sotto controllo, anche nei suoi spostamenti fuori regione. Grazie a intercettazioni, attività tecniche e ambientali, è emerso un quadro molto chiaro: Mselmi non era un semplice simpatizzante, ma un soggetto radicalizzato, coinvolto attivamente in attività di proselitismo, addestramento e diffusione di materiale di propaganda jihadista. Secondo quanto accertato, Mselmi apparteneva a un’organizzazione di natura transnazionale composta da circa settanta persone, tutte già giurate allo stato islamico. Alcuni membri avevano manifestato l’intenzione di unirsi fisicamente alle milizie del califfato in Siria. L’obiettivo era chiaro e pericoloso: sovvertire gli ordinamenti democratici, soprattutto nei paesi a maggioranza musulmana, per instaurare regimi teocratici fondati su una lettura radicale dell’islam, in cui le leggi siano considerate di origine divina e da applicare in modo rigido e assoluto.
“Pronto al martirio”, si definiva Mselmi. Parole che pesano come macigni, soprattutto quando si scopre che progettava di colpire in Italia, in un futuro ormai vicino. A confermarlo è stato Antonio Caliò, dirigente della digos distrettuale di Catanzaro: «La sua personalità è molto particolare. Non si limitava a subire l’influenza di certe ideologie, ma era un attivo promotore di indottrinamento. Operava in maniera assidua e organizzata». La sua adesione al salafismo-takfira – corrente estremista che legittima la violenza anche contro altri musulmani considerati “apostati” – è stata confermata da abbondante materiale sequestrato, ricco di riferimenti al jihad armato e al martirio come forma di salvezza e sacrificio. Un mondo fatto di messaggi criptati, contenuti online tradotti e diffusi, e contatti con altri estremisti.
Ma dietro ogni operazione come questa, c’è anche la storia di una comunità che si interroga, di cittadini che convivono inconsapevolmente accanto a realtà così complesse e pericolose. Cosenza, città accogliente e ricca di storia, si trova così suo malgrado al centro di una vicenda che parla di terrorismo internazionale, di giovani attratti da ideologie violente, ma anche di uno Stato che veglia, indaga e agisce in silenzio per proteggere tutti noi. Il fermo di Mselmi rappresenta, quindi, un colpo importante alla rete jihadista attiva sul territorio nazionale. È anche la dimostrazione che la guardia non si abbassa mai e che, nonostante il terrorismo tenti di mimetizzarsi dietro volti comuni e vite normali, la risposta delle istituzioni è costante, concreta e determinata.