Chi l’ha detto che i cartoni animati servono solo a far ridere i bambini? Nel 1942, in piena Seconda guerra mondiale, la Warner Bros. lanciava un cortometraggio Looney Tunes destinato a diventare un piccolo cult della propaganda bellica: The Ducktators. Dura meno di dieci minuti, ma è un concentrato di satira politica, irriverenza e messaggi diretti al cuore (e al portafoglio) degli spettatori americani.
Nel cartone, i tre protagonisti sono inequivocabili caricature dei leader dell’Asse: Adolf Duckler, Benito Goosolini e Ducky Tojo — rispettivamente Hitler, Mussolini e l’allora primo ministro giapponese Hideki Tojo — trasformati in anatre e gallinacei ridicoli, vanagloriosi e grotteschi. L’ambientazione? Un pollaio, simbolico teatro del mondo sotto il dominio dei regimi totalitari.
La rappresentazione di Mussolini è una delle più sarcastiche: ritratto come un’anatra pomposa ma sola, arringa un pubblico composto da un unico, annoiato pulcino che è costretto ad applaudirlo. Hitler è la caricatura più aggressiva, con discorsi urlati e gesticolazioni convulse. La colomba della pace, simbolo degli Stati Uniti, inizialmente cerca di fermare le ostilità con la diplomazia, ma viene calpestata. Solo quando si ribella con decisione, ristabilisce l’ordine con una giustizia da cartone: dittatori decapitati e appesi a testa in giù. Il messaggio finale è diretto e patriottico: “Per vincere la guerra, compra le obbligazioni e i francobolli americani.” Una chiusura che trasformava il cartone in uno spot d’impatto per lo sforzo bellico, rivolto a tutte le fasce della popolazione.
Realizzato con la consueta maestria tecnica della Warner Bros., The Ducktators è oggi un documento storico più che un capolavoro artistico. Una pellicola che, con la forza del sorriso, metteva alla berlina il terrore. Oggi può apparire semplicistico o datato, ma allora fu uno strumento potente: quando le anatre facevano tremare i dittatori.