TRA LE DITA SANGUINAVA UN MELOGRANO
DI MARIA TERESA LIUZZO
Mai cenere sarà il vostro segreto,
lo scritto non pretende alcun commento;
nel cuore mutilato della luce
sarà il dolore il più bel componimento.
Le labbra divorate dallo sciame,
il respiro attaccato a una parete,
tra le dita sanguinava un melograno.
Di una stella le ciglia spezzate dentro l’unghia
seguivano la traiettoria di una foglia
nel trauma che cercava il suo equilibrio.
Il foglio iniziava a sanguinare,
alla scarpa si allacciava la parola.
Impastavo come farina sangue e carne
e una nuova vita m’inventavo,
occultata prima di essere vissuta.
Unghie affilate come asce,
sonnambule le diàtribe sotto i massi,
alla siepe di un tramonto arrugginito
una seppia di pezzuole si alternava,
ad un’ala di corvo si accompagnava;
vergine era il dolore dentro l’acqua,
fioriva estuari di tormenti
lo schermo nella retina allargato.
Da un ghiacciaio
pendeva come sangue
un geranio di luce sulla spada.
Ridevano gli alberi semi-morti
al prodigio del frutto appeso al ramo,
alle capriole della brezza sulla fronte.
Eravamo un cespuglio di anime sul prato,
un tumulto di onde in mezzo al grano
col rimorso di essere felici
nel ricordo di un abito dismesso,
di rivivere per sempre dentro un sogno.
I vecchi se ne vanno con la luna,
muoiono quando smettono di pensare.
Piovvero stelle, e nuda la memoria
tra le braccia stava, di marmo vivo,
mentre ti vedevo andare via
tra un passo e l’altro di malinconia;
una mano in tasca, e l’altra appoggiata al mento,
rideva il sole tra i tuoi capelli al vento.
L’insieme era speciale e doloroso
come la sabbia che attraversa la clessidra.
I tuoi sospiri tra nuca e spalle bianche, divise le carezze come semi.
Tu, il vento di un aprile frizzantino, io,
un filo di pioggia in equilibrio.
L’abbraccio così forte, innamorato,
tu, alla bocca mia attaccato,
come un bimbo
quando cerca il seno.
Trascinava la pioggia ombre di risate
e nascondeva al cuore il suo dolore,
nelle ossa il pallore di una stella
si perdeva allargandosi sul mare.
M. T. L.