martedì, Maggio 14, 2024
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GERDA TARO E ROBERT CAPA: LA FOTOGRAFIA, L’AMORE E LA GUERRA

Ci sono incontri che determinano un destino. Uno di questi è stato senza dubbio l’incontro tra Gerta Pohorylle e Endre Friedmann, lei ebrea tedesca, lui ebreo di origini ungheresi, entrambi attivisti di sinistra, entrambi fuggiti dalle persecuzioni del partito nazista e approdati a Parigi in cerca di una vita libera.

Succede che ad un certo punto, nel 1934, le loro strade finiscono per incrociarsi tra i cafè parigini e da quel momento tra i due nasce un sodalizio artistico e sentimentale che li porterà a diventare una coppia nonché due dei primi fotoreporter di guerra nella guerra civile spagnola degli anni ’30, che non a caso è anche considerata “la prima guerra fotografica della storia”.

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Fred Stein, Gerda Taro e Robert Capa, Cafe de Dome, Paris, 1936 © Estate Fred Stein, Courtesy International Center of Photography

Oggi li conosciamo come Gerda Taro e Robert Capa grazie ad un’intuizione di Gerta che cambiò i loro nomi e inventò i loro personaggi per riuscire a trovare incarichi fotografici in una Parigi che in quegli anni pullulava di artisti da ogni parte d’Europa e in cui il loro status di emigrati non aiutava. La strategia di “marketing” funzionò e ben presto i due si ritrovarono a seguire da vicino la guerra civile spagnola tra repubblicani e fascisti nel 1936 e le loro foto vennero pubblicate sui maggiori giornali del tempo.

Gerda e Robert non erano solo testimoni della battaglia civile in un altro stato, quella era anche la loro personale guerra contro le ideologie naziste. I due reporter erano convinti che le loro fotografie avessero realmente il potere di parlare alle persone e di essere strumento potente nella lotta di ideologie che si stava combattendo in Europa in quegli anni. Con i loro scatti Gerda e Robert intendevano ritrarre da vicino tutto ciò che ruotava intorno alla guerra, scene di quotidianità delle famiglie che vivevano il conflitto, ma anche l’addestramento delle donne, la vita in trincea e sul campo di battaglia, le morti e le città distrutte.

Iconici sono diventati gli scatti Miliziano colpito a morte (che coglie l’esatto momento in cui un soldato viene colpito da un proiettile) e Miliziana repubblicana si addestra in spiaggia (simbolo del coinvolgimento femminile nella guerra che contribuirà a sovvertire tutti i canoni di genere).  

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Una delle citazioni più note attribuite a Robert è: “Se le tue foto non sono abbastanza buone è perché non sei abbastanza vicino”.

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E la bellezza e la potenza delle loro foto, si può dire, sta proprio in questa vicinanza, capace di coinvolgere l’osservatore in scene di una realtà che se non fosse stata catturata dalla fotocamera sarebbe rimasta sconosciuta per sempre. E proprio a causa di questa vicinanza alla scena che Gerda Taro nel luglio del 1937, a soli 26 anni, perderà la vita sul fronte a Brunete, divenendo la prima fotoreporter donna a morire sul campo. Robert la seguirà nel 1954, calpestando una mina mentre era reporter in Indocina, dopo aver continuato con i suoi scatti a testimoniare la guerra, «l’inferno che gli uomini si sono creati da soli» (famosi i suoi scatti dello sbarco in Normandia).

A la Camera di Torino, fino al 2 giugno, sarà possibile immergersi negli scatti di Gerda Taro e Robert Capa grazie alla mostra a loro dedicata e intitolata La fotografia, l’amore e la guerra.

A chi si trovasse in zona il consiglio è di non perdersela.

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