giovedì, Maggio 2, 2024
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L’unione fa la forza, uniti si vince e altri slogan della serie sono ancora validi

 

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Succede da sempre che, quando non si riesce a guardare avanti in cerca della soluzione adatta come sta accadendo attualmente, si provi a andare indietro con la memoria, allo scopo di rintracciare nella storia recente situazioni con qualche attinenza con le vicende attuali.

Tanto per cercare di capire quale sia stata l’evoluzione delle stesse per farne buon uso anche attualmente.

Alcuni atteggiamenti di quel genere sono stati ripresi ieri senza mezzi termini dal Presidente Mattarella. Questi è intervenuto a uno degli eventi che si stanno susseguendo per i 75 anni di operatività della NATO.

È accaduto a Roma nel corso di una cerimonia al Comando dei Carabinieri, sede adatta perché il Primo Cittadino d’ Italia potesse dare il suo contributo ufficiale a quanto sta succedendo poco lontano dalla UE, in Medioriente.

Sul finire del suo intervento, il Capo dello Stato ha rimarcato una sua convinzione. Essa è condivisa da tanti altri cittadini della UE e consiste nell’ attivarsi per non arrivare impreparati e all’ ultimo minuto nella partita che la stessa sta giocando con il resto del mondo.

Per non rimanere una bella e elegante confezione da regalo riempita solo per metà di oggetti di valore, i paesi che la compongono, è fondamentale che la UE condivida gli stessi prendendo forma e vada accelerata e portata a pieno regime quanto prima è possibile. Nel particolare, ciò che urge per la UE sono una maggiore integrazione politica tra gli stati componenti con un sistema bancario integrato e un esercito caratterizzato dalla bandiera blu con le stelle disposte in circolo. L’elenco non è completo e comunque deve essere compilata un’ agenda che evidenzi le priorità.

Tra le citazioni che Mattarella ha fatto sul valore della unità europea da completare quanto prima, è stata particolarmente significativa quella di alcuni pensieri di un suo “predecessore”, il primo Capo dello Stato eletto nel Paese che da poco era diventato repubblicano. Era il Professor Luigi Einaudi che nel 1954, riferendosi all’ Europa, espresse con chiarezza il pensiero che se il Vecchio Continente non avesse assunto la fisionomia di un entità diversa in grado di rappresentare di per se i paesi che lo compongono nei confronti del resto del mondo, non sarebbe diventata l’Europa Unita tratteggiata nel Manifesto di Ventotene. Anticipando di almeno mezzo secolo gli effetti del restare la UE una creazione geopolitica a valenza soprattutto interna, essa sarebbe andata incontro all’annullamento della propria identità.

Una voce fuoricampo potrebbe aggiungere che una limitata alterazione della struttura comunitaria c’è già stata con la Brexit e gli inglesi stanno ancora pagando per quella decisione azzardata. Precisamente per i molti effetti negativi che la stessa ha apportato e che non si può ancora considerare finita. Tanto da legittimare il posizionamento a giusto titolo sul tetto della Casa Comune della bandiera blu con le stelle dorate. È opportuno aggiumgere che il tempo da impiegare nella realizzazione di quel nuovo interlocutore internazionale non è senza limiti. Senza volersi fasciare la testa prima che essa sia stata rotta, c’è da pensare, e le guerre in atto lo confermano, che fin d’ ora è credibile senza riserve, che i confini tra gli stati saranno vistosamente diversi da quelli che erano stati concordati a Yalta e a Parigi nella parte centrale del secolo scorso, dopo l’ultimo conflitto. Tenendo presente che sono tanti i cambiamenti in atto. C’è il rischio concreto che una soluzione funzionante oggi, potrebbe non esserlo domani. E ciò dovrebbe aiutare a convincere gli antieuropesti, ancorati fortemente al modo di pensare “ai miei tempi…”.

Come se non fosse normale che, da sempre, essi sono per loro natura destinati inesorabilmente a mutare di continuo.

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