martedì, Maggio 21, 2024
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VAN GOGH E L’ARTE DI TRASFORMARE IL DOLORE

VAN GOGH HA TRANSITATO A ROMA

Se qualcuno mi chiedesse qual è stata la mostra più bella che io abbia visto finora, risponderei senza dubbio quella su Van Gogh, organizzata a Roma nel 2022/2023 a palazzo Bonaparte (con oltre 50 opere provenienti dal Museo Kröller Müller di Otterlo).

Non soltanto per l’emozione di vedere i quadri di Van Gogh dal vivo, nella loro “aura” -come avrebbe detto Walter Benjamin, ma perché è stata un’esperienza che mi ha fatto prendere coscienza per la prima volta del rapporto misterioso e salvifico tra dolore e arte. Il meraviglioso percorso guidato mi ha accompagnato in ogni fase dell’arte di Van Gogh, dai primi disegni a carboncino fino ai più famosi dipinti su tela, accostando ad ogni opera il racconto dei momenti di vita che Vincent stava attraversando all’atto della loro realizzazione, questo grazie alla lettura di note autobiografiche e lettere, indirizzate soprattutto al fratello Theo.

La magia che questo intreccio di opere e narrazione è stato in grado di suscitare consiste nella sconcertante e pervasiva sensazione di guardare attraverso gli occhi di Van Gogh.
Questo coinvolgimento emotivo è stato senz’altro una cosa che non mi era mai capitata ad una mostra, ma i disegni di Van Gogh hanno questo potere, complice ovviamente il conoscerne il contesto e le situazioni di vita nei quali sono stati realizzati.

Se pensiamo che i suoi quadri più belli sono stati fatti osservando il paesaggio dalla finestra di un manicomio, e quando lui artisticamente non aveva alcuna rilevanza (tanto da aver venduto durante tutta la sua vita un solo quadro) è impossibile non chiedersi come sia stata possibile tutta quella produzione di meraviglia.
Osservando i dipinti di Van Gogh si percepisce in tutta la sua potenza come l’arte sia un modo di dare senso, forma, colore al dolore, di trasformare il dolore in qualcos’altro. Tirarlo fuori per poterlo osservare da lontano e osservandolo da lontano percepirlo meno ingombrante, e trasformandolo in qualcos’altro dargli un senso. Se dal dolore può nascere un quadro di Van Gogh, o una poesia di Leopardi, o un libro di Virginia Woolf, allora vuol dire che il dolore non è del tutto inutile, tutto sta a come si sceglie di trasformarlo. E la domanda che possiamo porci è: noi, come possiamo trasformare il nostro dolore?

“Se uno ha dentro di sé fuoco e anima non può reprimerli: preferirebbe bruciare piuttosto che soffocare. Ciò che si ha dentro deve venir fuori. Per me, ad esempio, dipingere un quadro significa poter respirare, e se non lo facessi mi sentirei ancora più infelice di quanto non sia.”
(Da una lettera di Vincent alla sorella Willemien, Parigi ottobre 1887).
@Maria D’Ambrosio

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