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Food for Profit, dagli allevamenti intensivi ai diritti dei lavoratori: la condanna alla lobby agroalimentare nell’UE

Il docu-film di Giulia Innocenzi e Pablo D’Ambrosi sugli allevamenti intensivi e sul fenomeno del lobbying nell’Unione Europea, Food for Profit, è pronto ad approdare in televisione. L’appuntamento è fissato per stasera, domenica 5 maggio a partire dalle ore 20:55, su Rai 3. Report, programma televisivo dedicato al giornalismo d’inchiesta e condotto da Sigfrido Ranucci, mostrerà Food for Profit in anteprima televisiva nazionale (il docu-film è in giro per diverse sale cinematografiche italiane già dallo scorso 27 febbraio).

Food for Profit, l’UE che non vediamo: cos’è il lobbying

Food for Profit, prodotto e distribuito indipendentemente, non è il solito documentario strappalacrime sulla brutalità degli allevamenti intensivi. O meglio, è anche quello. Ma il grande merito di Giulia Innocenzi e Pablo D’Ambrosi è quello, con l’aiuto di numerosi volontari e lobbisti, di essersi introdotti nel Parlamento Europeo. In questo modo hanno potuto mostrare dall’interno il fenomeno del lobbying (che per alcuni spettatori era anche un fenomeno sconosciuto). Ma, prima di entrare nel merito di Food for Profit, è doveroso spiegare brevemente che cos’è il lobbying.

Il termine lobby, in gergo politico, col tempo è stato assunto come sinonimo di gruppo di interesse. I gruppi di interesse altro non sono che associazioni di individui o di organizzazioni, ma anche istituzioni, che cercano di influenzare a proprio favore il processo decisionale senza assumere responsabilità di governo.

Da lobby deriva poi il termine lobbying, con il quale si identifica un processo nel quale i rappresentanti dei gruppi di interesse cercano di fare pressione nei confronti dei decisori pubblici, al fine di influenzarne le scelte sulla formazione e l’attuazione delle politiche pubbliche. Questo può avvenire attraverso una serie di strategie, tra le quali:

  • Rapporto faccia a faccia con i decisori pubblici, che creano i presupposti per la nascita di un legame di fiducia;
  • Finanziamento elettorale;
  • Possedimento di alcune risorse (finanziarie, di influenza sull’opinione pubblica, di sanzione attraverso la centralità di alcune lobby nell’economia nazionale o internazionale).

Questi sono solo alcuni dei motivi per cui il lobbying è molto presente nella politica, anche nell’UE. Inimicarsi determinate categorie di lavoratori spesso è considerato sconveniente, dunque molti politici preferiscono accontentare le loro richieste, anche se queste dovessero andare a sfavore dell’ambiente, della salute dei cittadini o della tutela degli animali. Food for Profit si concentra sulle lobby degli allevamenti intensivi, divenute centrali nel processo di formazione delle politiche pubbliche nell’Unione Europea.

parlamento europeo (1)

Food for Profit, il giro d’Europa tra gli allevamenti intensivi

Il viaggio di Giulia Innocenzi e Pablo D’Ambrosi inizia nel Polesine, un’area geografica che comprende un’ampia fetta della provincia di Rovigo, in Veneto. Qui, attraverso la voce e le immagini registrate da un attivista – riuscito a farsi assumere in un allevamento intensivo – si può notare la brutalità con la quale migliaia di polli vengono allevati in spazi piccolissimi. Ma soprattutto come i polli piccoli, considerati una perdita dal punto di vista economico, vengono ammazzati a bastonate.

Questo perché, nell’economia dell’allevatore, far crescere un pollo che alla fine porterà guadagni limitati non conviene finanziariamente. Già dopo pochi giorni dalla nascita, i polli che non potranno creare profitto sono identificati e soppressi brutalmente.

La seconda tappa è la Germania, in un allevamento di vacche da latte che percepisce quasi mezzo milione di sussidi annui dall’UE. Grazie alle immagini che ci ha regalato Food for Profit, gli spettatori possono entrare all’interno dello stabilimento e vedere le pessime condizioni igienico-sanitarie in cui vengono tenute le mucche.

E questo è un grande problema anche per la salute umana, considerando che questi animali vengono curati dalle malattie che contraggono con antibiotici e medicinali di diverso tipo (in maniera illegale). Siamo dunque all’interno di un altro grave problema che attanaglia la società del XXI secolo, l’antibiotico-resistenza.

Poi è stato il turno della Polonia che, da quando nel 2004 è entrata nell’Unione Europea, è divenuta la più grande produttrice di polli in Europa. Non è mancato poi uno step in Spagna, nella regione di Murcia, dove gli escrementi dei maiali sono così numerosi che creano vere e proprie montagne in mezzo al deserto, causando enormi danni ambientali. Per non parlare delle condizioni vergognose in cui vengono allevati i suini.

Food for Profit però non investiga soltanto sulla salute degli animali e sulla tutela dell’ambiente, ma anche sui diritti dei lavoratori. Questi sono un’altra pedina di questo gioco malato che arricchisce i proprietari degli allevamenti intensivi. Durante un’investigazione in uno stabilimento in Germania, è venuto alla luce come i lavoratori, sottopagati e sfruttati, anche se infortunati, non possono mai assentarsi altrimenti vengono licenziati.

Questa è la situazione a cui sono condannati soprattutto gli immigrati più poveri, l’unica forza lavoro disponibile a questi trattamenti vergognosi, in quanto non hanno altre possibilità. Anzi, come rivelato dalle indagini, gli immigrati sono i lavoratori preferiti dai capi di queste grandi aziende, perché sono gli unici a non “causare problemi”.

parlamento europeo 2 (1)©Parlamento Europeo profilo X

Unione Europea, che direzione stiamo prendendo?

Ma ciò che legittima questo comportamento arriva dall’alto, precisamente dal Parlamento europeo. Perché a pagare le spese di questa macchina enorme siamo noi cittadini europei, mentre l’UE ci vende tutto ciò come un Green Deal, sancito il 15 gennaio 2020. Per introdursi all’interno del Parlamento Europeo, i registi di Food for Profit hanno collaborato con un lobbista, che ha ripreso ciò che avviene a Bruxelles.

La prima questione messa in rilievo è quella delle new breeding techniques, tecnologie che alterano il genoma degli organismi per aumentare le produzioni (al momento in Europa sono attuabili solo sulle piante, non sugli animali). Però, la cosa terrificante e spaventosa è che alcuni eurodeputati, inconsapevoli di essere registrati, si sono schierati a favore del loro utilizzo sugli animali. Ad esempio, promuovendo progetti di mutazione sui maiali per implementare due zampe aggiuntive, in modo da renderli maggiormente produttivi.

Spesso con la scusa che “la Cina lo fa da anni”, come se le mutazioni genetiche sugli animali o l’industria del fast fashion cinese fossero modelli da seguire e non da condannare. Il fatto che la Cina si arricchisca a scapito della tutela di ambiente, animali e lavoratori, senza alcuna sanzione da parte della comunità internazionale, non è di certo un merito.

Ma l’esempio dei maiali non è l’unico progetto fittizio che l’inviato di Food for Profit ha presentato a diversi eurodeputati. Ciò che fa ridere dalla vergogna è che, tutti gli intervistati, non hanno mostrato alcuna rimostranza a queste proposte. Tutti si sono schierati in favore dell’editing genetico.

Uno degli eurodeputati “vittima” di Food for Profit è stato Paolo De Castro, figura di rilievo nella Commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento Europeo. Tra l’altro, dopo la risonanza mediatica del docu-film, l’ex Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali ha dichiarato – tramite il suo profilo X – che non si candiderà alle elezioni europee di giugno 2024. Che Food for Profit lo abbia portato a rinunciare sembra un’ovvietà, anche se non ne abbiamo la certezza.

Un’inchiesta del genere merita di essere vista, perché aprire gli occhi su ciò che sta accadendo è fondamentale. L’esistenza degli allevamenti intensivi non è una novità, ma sapere a chi vengono destinati parte dei fondi europei serve per comprendere in che direzione sta andando l’UE. Di questo passo ci perderanno tutti, gli animali, l’ambiente, e gli esseri umani. Gli unici a vincere sono i membri del settore agricolo, che con la loro potenza economica riescono ad influire sulle politiche pubbliche dell’Unione Europea.

 

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